SCALI FANTASMA E BILANCI TAROCCATI. Inchiesta sull'Aeroporto di Verona: una voragine di perdite. Aperte due indagini: per presunta cattiva gestione e mancata valutazione d'impatto ambientale.

Data di pubblicazione: 26.02.2012
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Le incredibili miserie e ruberie che stanno dietro ai mirabolanti progetti di “sviluppo locale” e indebita urbanizzazione a vanvera. Il Fatto quotidiano, 27 febbraio 2012, postilla. (f.b.)

Si sono divorati un intero aeroporto in meno di dieci anni. Una voragine di oltre 92 milioni di euro nel bilancio della società a maggioranza pubblica, ma prima di andarsene hanno abbellito l’ingresso all’aerostazione con diciotto bellissimi olivi, affittati a 3722 euro a chioma. Più di una vacanza natalizia ai tropici con imbarco al Catullo. Totale: 67 mila euro, sottratti alla Avio Handling, società controllata dalla Catullo spa, che controlla gli scali di Verona e di Montichiari di Brescia. La Avio, però, è sull’orlo del fallimento e a novembre dello scorso anno è stata ricapitalizzata con tre milioni di euro, pur di non chiudere, con i dipendenti a rischio licenziamento. Anche alla holding dell’aeroporto non scherzano con i debiti. Dei 92,3 milioni di euro di debiti iscritti a bilancio, 19 sono solo di perdita nell’esercizio 2011, mentre vi sono 50 milioni verso le banche, 21 verso i fornitori, 11,8 milioni tributari, 1,35 milioni verso l’Inps, 7,7 nei confronti di altri. Di quei 50 milioni di euro di debiti verso gli istituti bancari, il Banco Popolare di Verona ha chiesto l’immediato rientro entro marzo di 41 milioni di euro. Se non vengono rinegoziati, la bancarotta è alle porte, i libri finiscono in tribunale.

Pur con un quadro debitorio compromesso, nel 2010, l’allora presidente dello scalo, Fabio Bortolotti, sigla un accordo capestro con Ryanair, togliendo proprio al gemello Montichiari i pochi voli rimasti. Per ogni passeggero che sbarca a Verona, il Catullo verserà alla compagna irlandese 15 euro, cioè il doppio rispetto agli altri scali nazionali e internazionali. Inoltre si aggiungono altre clausole capestro, che impongono un esborso complessivo annuo alla società aeroportuale sui due milioni di euro annuo a favore di Ryanair. L’aumento di passeggeri c’è, ma non risolve il deficit di bilancio. Intanto il procuratore capo di Verona, Giulio Mario Schinaia ha aperto due inchieste: la prima per presunta cattiva gestione, la seconda perché le nuove infrastrutture dell’aeroporto sarebbero prive della Valutazione d’impatto ambientale e delle relative autorizzazioni dell’Enac. La grana più grossa che ha portato al disastro finanziario, parte da un’altra scelta: la costruzione dello scalo di Montichiari alle porte di Brescia, al posto del vecchio aeroporto militare.

Nel 1998 il Catullo di Verona chiude per qualche mese, si inaugura il nuovo aeroporto, spendendo 50 miliardi di lire. Sistemate le piste, gli aerei tornano a Verona e a Montichiari non rimane quasi nulla. Nessun passeggero, tuttavia il personale è al suo posto. Un deserto nella Padania. Già nel 2002 il Montichiari si è mangiato 50 milioni di euro e la voragine si allarga di anno in anno. Nel bilancio 2003, il Montichiari dichiara una perdita pari a 3,8 milioni di euro l’anno. Fino ai 5 milioni di euro l’anno negli anni successivi. Per un po’ le floride casse del Catullo di Verona, in perenne crescita per numero di passeggeri, sopporta le perdite, poi si opta per artefici di bilancio. Come nel bilancio 2006, quando si dichiara ufficialmente un attivo di 236 mila euro, si registrano minori costi per 1,7 milioni di euro, invece aumentano i debiti verso i fornitori e si ricorre sempre più spesso a nuovi prestiti. La perdita reale 2006 per il Catullo, si fa trapelare dalla società, sia vicina ai 3 milioni di euro.

Quell’anno l’esposizione verso le banche è di 15,5 milioni di euro e 22,5 milioni di euro sono i debiti verso i fornitori. Nessuno, tuttavia, dice nulla. Mentre i consiglieri del cda si spartiscono 267 mila euro l’anno di emolumenti, come nel 2010. In una società controllata da enti pubblici, i cui consiglieri sono nominati da Province e Comuni, in particolare di Verona e Trento, che detengono una quota rilevante del pacchetto azionario. Le continue ricapitalizzazioni non hanno sanato i conti in rosso. Mentre Brescia è sempre rimasta alla porta fino a poco fa, quando ha sottoscritto un aumento di responsabilità societaria per il rilancio di Montichiari,conunapartecipazionedel25%diquote nella società unica Aeroporti del Garda, alla quale fanno capo i due scali. I soci bresciani finora non hanno aperto il portafogli e Verona gli ha intimato di pagare la loro quota di debiti. Intanto l’aeroporto di Brescia perde 20 mila euro al giorno, 600 mila al mese, 8 milioni di deficit l’anno.

postilla

Su questo sito già diversi anni fa si era seguita la vicenda di un fantomatico neo-hub intercontinentale padano: padano sia per la collocazione geografica che per la coloritura diciamo così politica. Ovvero la fusione a freddo dei due campi di Montichiari e Ghedi, che si trascinavano appresso scalo TAV, infiniti lavori stradali, massiccio decentramento funzionale (funzioni dal superfluo al decisamente comico allo squisitamente virtuale)dal centro di Brescia. Sempre che queste funzioni siano mai esistite, naturalmente. Il tutto, con previsioni di passeggeri da far tremare tutta la megalopoli, a fronte di una crisi nera dell’altro hub padano, quella Malpensa da sempre fiore all’occhiello della lobby lagaiolo-gallaratese. C’era del marcio in padania, e la puzza si sentiva da lontano, solo dando una scorsa al grandioso progetto. Adesso, eccoli qui, magari a dire “ma noi non potevamo sapere”. Invece è meglio ricordarsi, dando un’occhiata per nulla storica almeno al nostro primo reportage completo, quello seriosamente intitolato Hub? Burp!. (f.b.)
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HUB? BURP!

Data di pubblicazione: 05.09.2006

Autore:

L'urgenza di sfasciare il Parco Ticino per l'Hub di Malpensa? Era tutto uno scherzo: ora c'è un nuovo Hub, in pieno Corridoio 5, nella pianura bresciana di Montichiari. Fra Lisbona e Kiev
Un'ala sul mare è solitaria. Ondeggia come pallido rottame. E le sue penne, senza più legame, sparse tremano ad ogni soffio d'aria. … Chi la raccoglierà? Chi con più forte lega saprà rigiugnere le penne sparse per ritentare il folle volo?[1]

Niente meglio delle parole, più “alate” che mai, del Vate per antonomasia, per introdurre questa dolente nota (un intero spartito, direi) di vicende padane. Niente di meglio: sia perché idealmente il poeta dall’alto del suo Vittoriale scruta l’immensa pianura dal Chiese al Mella; sia perché a Gabriele D’Annunzio è dedicato l’attuale aeroporto di Montichiari, una ventina di chilometri a sud di Brescia, nell’angolo fra la SS 236 Goitese e la trasversale di media pianura verso Orzinuovi-Crema-Pavia.
Una pista, qualche edificio di servizio, una strada che ci passa davanti, e a ovest oltre una larga striscia di campagna altre piste e altri edifici, stavolta verniciati a chiazze marrone-mimetico: l’aeroporto militare di Ghedi. Spazi che sono saliti agli altari della cronaca solo occasionalmente, ad esempio quando un altro più moderno esperto in parole alate, il sublime romanziere Aldo Busi, si è speso a favore dell’uso civile (prima del 2000 era militare) e modernizzazione dello scalo di Montichiari. Ma come ben sa chiunque si occupa di territorio, la calma più appare piatta più è foriera di rapidi sommovimenti. O, per usare le parole del Vate, di chi vuole “ con più forte lega … rigiugnere le penne sparse per ritentare il folle volo”. E figuriamoci quanto è salda la lega, quando ha pure la “L” maiuscola!

Del resto il ricongiungimento da queste parti è fatto quasi naturale e spontaneo. Lo osservava già alla fine degli anni ’60 l’ingegner Matteo Maternini, come la striscia più o meno continua di pianura immediatamente a sud degli sbocchi di valle alpini, con la sua forte e consolidata urbanizzazione e infrastrutturazione, presentasse caratteristiche di potenziale nucleo portante, corridoio di mobilità, in tutto e per tutto assimilabile all’allora emergente modello megalopolitano “Bos-Wash”. E la pianura a sud di Brescia, è contigua a quella a sud di Bergamo, e prima di quella a sud di Verona … beh, avete indovinato: ai giorni nostri questa cosa si chiama istituzionalmente Corridoio Europeo 5.

Contemporaneamente alle ricerche del professor Maternini, e a quanto pare ignorandone in buona o mala fede il portato, si sviluppavano studi e opere per la conversione di altro aeroporto militare a civile, e successivamente a Hub internazionale. E anche qui avete ovviamente indovinato: sull’alta pianura varesina, parallelamente al corso dell’azzurro Ticino, iniziavano a rombare sulle teste dei residenti i primi Caravelle e DC8 di Malpensa. Il problema era duplice. Da un lato i nuclei abitati in relativa crescita che circondavano l’area di sviluppo dello scalo e delle reti di accesso. Dall’altro la nuova coscienza ambientalista e di partecipazione che faceva nascere (accidenti a loro!) proprio attorno alle piste una delle più interessanti esperienze di parco naturale regionale in area ad alta urbanizzazione d’Europa. Insomma una bella rogna per “ ritentare il folle volo”. Senza contare che, nella prospettiva di una integrazione dei sistemi aeroportuali col resto delle grandi reti di trasporto, Malpensa si colloca decisamente fuori da qualunque stiracchiamento del corridoio padano. E concludo questo lungo preludio con una bella e lunga citazione:

Significative sono le risultanze di (quasi) recenti studi che individuerebbero il futuro padano del trasporto aereo intercontinentale in Montichiari, presso Brescia. È questa una imponente infrastruttura militare da poco dismessa, integrabile con quella adiacente di Ghedi, in fase di dismissione. Le aree disponibili sono enormi. Pure enormi sono le aree adiacenti libere da costruzioni, da sempre salvaguardate dal vincolo militare. La localizzazione nel baricentro del corridoio padano (e proprio su una direttrice dell’alta velocità ferroviaria) è ottimale. Qui potrebbe, insomma, essere localizzato quanto in futuro necessario nell’area padana e non ulteriormente localizzabile in Malpensa. O addirittura: anche quanto già è (e sarà) in Malpensa, ma con inconvenienti, potrà proficuamente trovar miglior posto qui. Ma questa è un’altra storia.”[2]
Già, un’altra storia.

Una storia che vede improvvisamente incrociarsi qui, tra i campi a mezza strada fra le Prealpi e le basse di pianura fa le anse dei corsi d’acqua, tutti i flussi di interessi che prendono via via il nome di alta capacità ferroviaria, corridoi e opere autostradali varie (Bre.Be.Mi; Ti-Bre; Cremona Mantova) più cose “locali” che vanno dalla connessa stazione ferroviaria Montichiari (intermedia fra Lisbona e Kiev, no?), ad altri collegamenti metropolitani e ferroviari minori, al completamento della “Corda Molle” provinciale 19 (il bypass metropolitano meridionale di Brescia), agli insediamenti della logistica, dei servizi aeroportuali diretti e di quelli che il mitico “mercato” si trascina appresso. Ovvero commercio, intrattenimento (a partire dal nuovo complesso dello stadio bresciano), servizi vari. E questo per fermarsi solo al nucleo centrale aeroportuale e linee di alimentazione e deflusso principali. Ci sarebbero poi gli effetti indotti, ma per ora lasciamo perdere.

Per capire le dimensioni e la potenza di questo magnete insediativo, basta riassumere brevemente l’idea di scalo: prima potenziare e riorganizzare quello esistente, poi realizzare una seconda pista parallela, poi su tempi più lunghi (ma si tratta di lustri, non di secoli) gestire la dismissione pianificata dello scalo militare di Ghedi e procedere a un riuso anche di quelle piste. Previsione a tempi medi di potenzialità passeggeri, attorno ai 10 milioni l’anno. Su quelli lunghi anche 20 milioni.
Non si tratta di speculazioni teoriche. I convegni coi sociofagi che urlano da un palco l’ineluttabilità dello sviluppo locale a colpi di metri cubi e strisce d’asfalto li hanno già fatti e archiviati. Lo Schema di Piano d’Area per l’Aeroporto Gabriele D’Annunzio di Montichiari è pubblicato da qualche settimana, e racconta esattamente queste cose.

Scorrendolo, il Piano d’Area (che come estensione diretta riguarda un piccolo spicchio di pianura padana comprendente tre ancor più piccoli comuni), in particolare si scoprono gli “scenari”, il grande respiro territoriale che ci sballotterà da una parte all’altra nel futuro prossimo e sino all’ineluttabile serena vecchiaia.

C’è il breve termine, ovvero i prossimi cinque anni che dovrebbero vedere completato il bypass metropolitano della Corda Molle, raccordata alla “direttissima Brescia-Milano”. Se queste sono considerate opere completate, la pianura secondo il documento dovrebbe anche essere già solcata dalle terre smosse dei cantieri della Cremona-Mantova, e “ la cosiddetta TIBRE che collegherà Parma con Nogarole Rocca”.

Nel medio termine, dei dieci anni, già sfreccia nelle ex campagne, verso il pedecollina di Castenedolo, la Lisbona-Kiev, con la sua bella stazione che “ caratterizzerà lo scalo di Montichiari rendendolo complementare a quello di Malpensa”. Col nuovo treno siamo a mezz’ora da Milano e a un’ora da Venezia. I passeggeri sono dieci milioni l’anno (nel 2005 ne ha gestiti 400.000), ma per fortuna si può comodamente “ effettuare il check-in di accesso all’aeroporto anche presso la stazione AC/AV”. Nel frattempo è anche cresciuta moltissimo, in termini di merci movimentate e di dimensione dei servizi a terra e insediamenti complementari, l’attività logistica.

Infine, nel lungo termine (solo del primo ciclo di sviluppo, neh?), fino a vent’anni, costruzione della seconda pista e assunzione del ruolo di potenziale “ secondo Hub regionale” sino a incorporare il modernizzato e demilitarizzato aeroporto di Ghedi. Il tutto in “collegamento ferroviario metropolitano con il sistema urbano di Brescia” [3], il che implicitamente significa, pur con tutte le cautele e corridoi di rispetto del caso, una sostanziale saldatura almeno fra la linea della trasversale di pianura e il pedemonte metropolitano, in un unico sistema ad urbanizzazione compatta. Cosa che suonerebbe superficialmente gioiosa per chi si oppone da sempre alla proliferazione dello sprawl padano, ma che ad un solo sguardo appena più ravvicinato appare inquietante, almeno rispetto allo scenario attuale.

Concludo questa brevissima rassegna dei cicli di sviluppo dell’aeroporto e del suo contesto osservando marginalmente che tutto si svolge sull’arco di vent’anni: circa la metà dell’intero arco di crescita (e devastazione locale) che ha portato Malpensa dallo stadio di pista appena demilitarizzata immersa nei boschi di fianco al Ticino, a quello che più o meno conosciamo tutti, e che continua tuttora a trasformarsi, ad esempio col nuovo raccordo di tipo autostradale da decine di chilometri (e relativi svincoli, bretelle, varianti …) verso le tangenziali di Milano, la A4 e la Padana Superiore, o con la crescita qui e là di grumi di scatoloni che inalberano il vessillo di Malpensa seguito o preceduto da specifiche varie, tipo “polo fieristico”, “nucleo direzionale” “parco qualcos’altro” ecc. Un futuro che evidentemente molti friggono dalla voglia di veder replicato nella pianura bresciana.

Forse i promotori di tutto questo popò di materiali e flussi, che siano legaioli, berluschi, riformisti o riformati, non si sono mai fatti un giro ad esempio nell’alta pianura vercellese o biellese. A vedere come è facile, con molto meno (“solo” la linea AV/AC e adeguamenti di contorno) letteralmente ribaltare un paesaggio e un assetto territoriale. O forse sì, ci sono stati e gli piace moltissimo quella collana di scatoloni sparsi, svincoli degni di un fumetto alla Flash Gordon per collegare due estremità di strada poderale sui lati opposti del corridoio, perversi appetiti locali scatenati, come l’idea di “Autodromo Nazionale di Buronzo” (sic). È certo comunque che qui sulle sponde del Chiese, appena a sud del famoso quartiere nazionalpopolare di San Polo a Brescia, tutti si aspettano sfracelli dal punto di vista della crescita economica, con la creazione di decine e decine di migliaia di posti di lavoro, naturalmente con relativa creazione di spazi e contenitori. Significativo il titolo di un articolo sulla stampa locale all’epoca della prima discussione del Piano d’Area all’inizio di quest’anno: “Nella Fascia d’Oro il nuovo Eldorado della Lombardia”.[4]

Fascia d’Oro è tra l’altro il nome dell’attuale zona industriale a cavallo della Statale 236 Goitese, una striscia continua di corsie complanari larga parecchie decine di metri, e che si sviluppa quasi senza soluzione di continuità dai margini orientali del sistema autostradale-tangenziale di Brescia, fino all’ingresso dell’abitato e alla Fiera di Montichiari. Naturalmente il paesaggio lunare (consiglio di percorrerlo a piedi o in bicicletta in un pomeriggio di agosto, magari ascoltandosi in cuffia Paris Texas di Ry Cooder) si completa con gli scatoloni precompressi, le trasversali a cul-de-sac, e infine i mucchi di ghiaia delle cave, che qui abbondano. Magari un Eldorado per chi ci investe, sicuramente non per chi sta tutto il giorno da quelle parti, e che appare potenzialmente peggiore, forse perché più “pianificato”, del suo omologo un centinaio di chilometri più a ovest: la superstrada 336 Autolaghi-Malpensa. E se dobbiamo dar retta alle aspettative degli sviluppisti locali, certamente qui dobbiamo aspettarci qualcosa che sarà “ Altro che Malpensa!”. [5]

E se è vero che proprio il Piano d’Area ha come scopo fondamentale il coordinamento degli interventi e scelte ai fini di un miglior assetto del territorio, quando si arriva alle prospettive di sviluppo economico le indicazioni sembrano orientate soprattutto a tutelare l’ambito dell’Hub, e soltanto quello [6], anche nella prospettiva (come più di uno lascia intendere almeno sulla stampa) di un “sorpasso” dello scalo di Montichiari rispetto a Malpensa, ridimensionata sui tempi lunghi al ruolo di “ Virtual Hub[7].

Virtualità naturalmente relativa, che secondo gli esegeti dell’Eldorado si declina soprattutto a colpi di concretissimi movimenti terra, pose cementizie, catramose colate. E lascerei perdere per il momento le preoccupazioni di “medio termine” per il prolungarsi del serpentone modello Fascia d’Oro giù per la 236 Goitese fino a saldarsi alla zona industriale di Mantova; o di traverso in direzione della 235 Orzinuovi-Lombardia Occidentale, dove già iniziano ad affollarsi – ignorati altezzosamente dalla Relazione del Piano – tutti i segni dello sviluppo commercial-industriale a nastro. Per non parlare delle futuribili Bre.Be.Mi. e correlato bypass Corda Molle …

Lasciando perdere appunto anche tutto questo, si può restare anche soltanto a scavare un po’ il futuro della piana lì sotto la collina di Castenedolo, praticamente appena sbucati dal budello del centro storico ed ex tracciato della statale per Mantova. Tanto per cominciare, c’è la stazione AV/AC con annessi e connessi, per scendere, sgranchirsi le gambe e fare pipì nella lunga traversata Lisbona-Kiev, se proprio non si vuole prendere l’aereo. Poi come ha spiegato l’assessore leghista Aristide Peli « Nell’area dell’aeroporto sono compatibili delle attività commerciali. Gli oneri di urbanizzazione che saranno versati non dovranno necessariamente ricadere nel Comune che ospiterà le attività commerciali, ma dovranno andare a beneficio dell’intera area. È una delle novità più importanti, una sperimentazione a livello regionale» [8].

Messi così tutti d’accordo sulla distribuzione degli “onori”, si può procedere all’elenco degli oneri, che ad esempio comportano l’insediamento da qualche parte e coordinato con quello stradale, ferroviario, aeroportuale, del nuovo “Stadio di Brescia”. Virgolette di rigore, perché come ormai tutto quanto anche il pallone deve avere la sua bella appendice (e che appendice) turistica, commerciale, di accoglienza, a partire dal nome: Stadium Global Center; e dalla “location”, che come ci spiegano nel sito dello studio global consulting responsabile, è per filo e per segno identica a quella aeroportuale i quanto ad inserimento nella rete infrastrutturale, da quella locale in su [9].

I numeri: lo stadio, fatalmente “uno degli impianti da gioco più moderni d'Europa” può ospitare 25-30.000 persone, e 5.500 posti auto; per lo shopping e servizi vari “un edificio con una pianta di 70.000mq articolato su due piani”, con ad esempio 12.000 mq di ipermercato, una multisala e dei misteriosi “bar tematici”; l’albergo si riassume in 12.000 mq, 200 camere, 500 posti auto, e non è finita; c’è pure un’area direzionale con un complesso su circa 35.000 mq, 5.000 (!) posti auto, e “uffici intelligenti collegati con la banda larga”. Intelligenza e banda larga che evidentemente non servono allo scopo principale, di tenere a distanza almeno qualcuna delle auto previste. E se vi pare già troppo, “ vi sono altre idee nel cassetto. Ad esempio una facoltà universitaria destinata al Food & Beverage e un eventuale centro servizi per l'intermodalità logistica[10].

E mi fermo per ora a questa fantomatica facoltà universitaria Food & Beverage, che da sola farebbe esclamare, a proposito di tutta l’operazione Montichiari: Hub? Burp! Del resto in linea con la scorpacciata di metri quadri e cubi di cui sommariamente fatto cenno nei paragrafi precedenti.
Resta una modesta domanda: e Malpensa? Quella desolazione di erbacce, scatoloni e cantieri eterni a cui è stata ridotta una fetta considerevole di Parco Ticino, serviva e servirà davvero a qualcosa?
Mah!

Se non altro, sarà servita a mettere in guardia preventivamente contro il manifesto destino della crescita coatta, a colpi di inestricabili tabelle, dietro cui stanno sempre ben nascosti i committenti.

Alla prossima puntata. Altro che That’s all Folks!

Nota: per chi volesse vedere qualche immagine della zona descritta nell'articolo, ho allegato una breve Galleria di foto; Altre immagini, del Piano d'Area e dei vari progetti, anche nel PDF scaricabile alla fine delle note bibliografiche (f.b.)
[1] Gabriele D’Annunzio, L’Ala sul Mare (Alcyone), strofa prima e terza.

[2] Roberto Busi, Giovanna Fossa, “Il piano d'area di Malpensa. Nodo hub tra parco e conurbazione”, Area Vasta, n. 6-7 2003

[3] Informazioni e citazioni da: Provincia di Brescia, Settore Assetto Territoriale, Parchi, V.I.A, Schema di Piano d’Area dell’Aeroporto G. D’Annunzio di Montichiari, in adempimento della delega funzionale dalla Regione Lombardia alla Provincia di Brescia, 2006, Relazione, 3. Quadro Progettuale, pp. 65-67

[4] Articolo firmato Zana, pubblicato dal Giornale di Brescia il 10 gennaio 2006, sottotitolo: “Dalla vocazione agricola allo sviluppo commerciale”. Dove si sottolinea tra l’altro entusiasticamente che “ Parliamo di un’area preziosa come il platino, stabilito che essa ruota attorno ad un aeroporto destinato a diventare un hub da 10 milioni di passeggeri, immaginando la possibilità di una seconda pista di decollo, a tempi medi e lunghi, una volta recuperata una parte del patrimonio delle piste di Ghedi. Un’area di assoluto valore socio-economico, attraversata dall’Alta Velocità della Lione-Kiev, Corridoio 5, con stazione a Castenedolo, dalla corda molle, come è definita la strada provinciale 19, da Concesio a Castenedolo con entrata nel casello di Brescia Est, prevedendo gli innesti Brebemi e autostrada Valtrompia.
Un punto, cioè, in cui tutto convergerà e da cui tutto si sgancerà. Un’area, la cui fortuna viene determinata da quel capolavoro di piattezza, che è storicamente la brughiera, ieri secca e desolata, oggi appetita da mille finanze”.

[5] È la conclusione, a suo modo ragionevole e documentata, di un lungo intervento del dicembre 2005 sul noto bloghttp://skyscrapercity.com L’articolo, presumibilmente ripreso da un comunicato della Provincia, elenca in sommario: Importante passo avanti per il raccordo autostradale tra il casello di Ospitaletto (A4), quello nuovo di Poncarale (A21) e l’aeroporto di Montichiari; Corda Molle, ok del Cipe al progetto definitivo; Un’opera da 296 milioni di euro strategica per la viabilità bresciana.

[6]La prospettiva della speculazione immobiliare induce a sottolineare un secondo aspetto, che la Pubblica Amministrazione deve adeguatamente considerare nel suo sforzo di salvaguardare l’integrità del sedime. Si dovrebbe, infatti, rafforzare il più possibile l’efficacia degli strumenti urbanistici attualmente in vigore”. Provincia di Brescia, cit., Relazione sull’impatto socio-economico dell’insediamento aeroportuale di Montichiari sul sistema produttivo provinciale; La salvaguardia del sedime nella sua dimensione più ampia possibile, p. 197

[7] Per il ruolo di Montichiari come “Virtual Hub” di Malpensa, è stato osservato tra l’altro che “Brescia Montichiari airport has a high developing potential. Due to the vicinity to Ghedi airport, it could develop into a hub with two parallel, 3 km apart, 3 km long runways, thanks to the low population density in the area … a future Montichiari-Ghedi airport could manage major airlines intercontinental traffic. The high speed rail link between Milano and Verona could widen the area serviced”. Renato Picardi, “The Virtual Hub”, Economic Research Center, Round Table 126: Airports and Multimodal Interchange Nodes, 2003 (PDF), p. 29; sulla complementarità Montichiari/ Malpensa, ancora, si ritiene “indispensabile definire una oculata strategia di medio-lungo periodo (2010) … attraverso una lungimirante scelta di sviluppo di un hub secondario con funzioni complementari a Malpensa, oggi esclusivamente individuabile nell’aeroporto di Montichiari che detiene caratteristiche tecniche ed ambientali-territoriali uniche per l’intera Lombardia”, Roberto Zucchetti, Sintesi dello Studio sul Sistema Aeroportuale Lombardo, sulla Rete degli Aeroporti Minori e sui Servizi di Elitrasporto, IReR, Istituto Regionale di Ricerca della Lombardia, Milano, maggio 2001, p. 8.

[8] Massimo Tedeschi, “Montichiari, avanti … il piano”, Bresciaoggi, 14 gennaio 2006.

[9] Le informazioni sul progetto Stadium Global Center, salvo indicazione diversa, sono desunte dal sito della B. Consulting http://www.bconsulting.it

[10] Alessandro Cheula, “Castenedolo: Un Centro di terza generazione: lo Stadium Global Center”, articolo comparso nel gennaio 2006 sui siti http://www.europaconcorsi.com e http://skyscrapercity.com

Hub_Montichiari_Mall
File allegati:
Hub_Montichiari_Mall( Hub_Montichiari_Mall.pdf 587.97 KB )
Nota sul piano del nuovo Hub aeroportuale lombardo a Montichiari (BS)


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Oggi ho copiato un articolo che porta la data del 26.02.2012 e un altro articolo - a questo collegato - che porta la data del  05.09.2006, possibile che in 6 anni nessun politico si sia mai accorto di nulla e che qualcosa non funzionava all'Aeroporto di Verona e in quello di Montichiari? HUB? BURP! Mi viene da vomitare!!!


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