Mi sembrava evidente che c'era qualcosa di strano nella LRV 30/2016 in merito alle Cave e questa anomalia io l'avevo evidenziata visto che se...

Oggi sono particolarmente contento e quindi posso scrivere che... "AVEVO RAGIONE IO" perchè mi sembrava evidente che c'era qualcosa di strano nella LRV 30/2016 in merito alle Cave e questa anomalia io l'avevo evidenziata visto che se la LRV 30/2016 aveva modificato la PIANIFICAZIONE REGIONALE delle ATTIVITA’ di CAVA… perchè - a mio parere - quella Legge andava prima sottoposta alla V.A.S. e/o almeno ad una Verifica di Assoggettabilità alla VAS.
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In merito a quello che avevo intuito evidenzio un articolo del Corriere di Verona a titolo: "Cave ed Energia. Roma impugna le leggi venete" con sopra titolo: "Il caso. La Lega: 
«Complotto». Il Pd: «C'era dentro di tutto»".
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E se in prima pagina c'era questo articolo in seconda pagina c'era questo altro articolo con questo titolo: "Dal Piano Cave agli Impianti Energetici, il governo impugna la maxi legge veneta" e questo sottotitolo: "Roma ferma 5 temi del Collegato. La Lega grida al complotto, il PD accusa: «C'era dentro di tutto»".

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In merito a questo argomento ricordo quanto pubblicato mercoledi 24 Gennaio in questo messaggio: "Oggi alle ore 10,00 - presso la sala Conferenze Stadio di Via Brunelleschi 12 - presentazione al pubblico del Progetto e dello S.I.A. dell'Ampliamento di Cava Bertacchina presentato ai sensi della LRV 30 del 30.12.2016" dove nell'ALLEGATO: "OSSERVAZIONI all’ISTANZA di V.I.A. relativa all’Ampliamento della Cava di Sabbia e Ghiaia denominata:“BERTACCHINA” nel Comune di Verona – Proponente: Biondani T.M.G. S.p.A." avevo evidenziato questo: "La LRV 30/2016 avendo modificato la PIANIFICAZIONE REGIONALE delle ATTIVITA’ di CAVA… va prima sottoposta alla V.A.S. e/o almeno ad una Verifica di Assoggettabilità alla VAS ed in tal caso – in attesa di quel parere - l’Istanza di VIA come presentata per l’Ampliamento di Cava Bertacchina va… rigettata?".
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Ed in merito alla questione CAVE... dal Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie evidenzio il parere espresso con la Delibera del Consiglio dei Ministri del 23 febbraio 2017 che ha impugnato la Legge Regionale del Veneto n° 30 del 30 Dicembre 2016.
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L'articolo 95, recante "Prime disposizioni in materia di pianificazione regionale delle attività di cava" nel dettare alcune disposizioni per la disciplina delle attività estrattive, al comma 2, regola le attività di lavorazione e stoccaggio presso cave non estinte dei materiali di scavo derivanti dalla realizzazione di opere pubbliche, prevedendo inter alia che queste ultime attività sia consentite soltanto per materiali qualificabili come sotto prodotti ai sensi della normativa vigente (L.R. n. 30/2016 art. 95, comma 2 lett. a).Tale previsione dell'art. 95, comma 2 contrasta con quanto stabilito dall'art. 117 Cost., secondo comma, lettera s) che stabilisce la competenza esclusiva statale in materia di ambiente, poiché tale disposizione regionale incide nell'ambito della disciplina del trattamento dei sottoprodotti previsto dall'art. 184 bis del d.lgs. N. 152/2006, ricadente nella competenza esclusiva statale. 
Infatti lo smaltimento delle terre e rocce da scavo è una disciplina che interviene in materia di legislazione statale esclusiva, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.. Tale principio è stato reiteratamente affermato da una serie di recenti sentenze della Corte Costituzionale (n. 232 del 2014; n. 70 del 2014; n. 300 del 2013): “la disciplina delle procedure per lo smaltimento delle rocce e terre da scavo attiene al trattamento dei residui di produzione ed perciò da ascriversi alla "tutela dell'ambiente", affidata in via esclusiva alle competenze dello Stato, affinché siano garantiti livelli di tutela uniformi su tutto il territorio nazionale». Pertanto, «in materia di smaltimento delle rocce e terre da scavo non residua alcuna competenza - neppure di carattere suppletivo e cedevole - in capo alle Regioni e alle Province autonome in vista della semplificazione delle procedure da applicarsi ai cantieri di piccole dimensioni» (così la sentenza n. 232 del 2014). Per le esposte motivazioni le disposizioni recante dall’articolo 95, comma 2, contrasta con l’articolo 184 bis del decreto legislativo n. 152/2006 eccedendo la competenza regionale in violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione e deve essere impugnata. Il comma 4 della legge regionale in argomento vieta per un periodo di 9 anni l'autorizzazione di nuove cave di sabbia e ghiaia. Tale norma disponendo un'aprioristica ed indiscriminata sospensione del rilascio dei suindicati titoli minerari, impedirebbe per un lasso di tempo non trascurabile sia l'avvio di nuove iniziative nello specifico settore estrattivo, sia l'esperimento delle procedure di valutazione di compatibilità correlate a progetti futuri, previste dall'art. 7 del decreto legislativo. N. 152/2006. In tal modo si determinerebbe un effetto sostanzialmente interdittivo rispetto alle attività di coltivazione di nuove cave di inerti, eludendosi perciò l'obbligo di ponderazione di ciascuna proposta progettuale, anche in relazione alle rispettive alternative praticabili, imposto dalla normativa in tema di VIA riconducibile alla potestà legislativa esclusiva statale ex art. 117, comma 2 Cost. 
In proposito la Corte Costituzionale, "( … ) le discipline relative alla valutazione di impatto ambientale debbono essere ascritte alla materia della «tutela dell'ambiente» in ordine alla quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (sentenze n. 67 e n. 1 del 2010, n. 234 e n. 225 del 2009)" (Corte Cost. n. 199/2014). 
Il Giudice delle leggi ha già ritenuto l'illegittimità costituzionale, alla luce del dettato dell'art. 117, comma 2 Cost. e della disciplina comunitaria in materia ambientale, di norme regionali, che disponevano dell'efficacia di titoli minerari in assenza di procedure di valutazione di impatto ambientale, in base all'assunto che "(…) una siffatta disciplina potrebbe «mantenere inalterato lo status quo, sostanzialmente sine die, superando qualsiasi esigenza di "rimodulare" i provvedimenti autorizzatori in funzione delle modifiche subite, nel tempo, dal territorio e dall'ambiente» (sentenza n. 67 del 2010) , e sarebbe, quindi, «atta ad eludere l'osservanza nell'esercizio dell'attività di cava della normativa di VIA» (sentenza n. 246 del 2013) dettata dallo Stato in un àmbito riservato alla sua competenza legislativa esclusiva." Per le esposte motivazioni che le suindicate disposizioni dell'art. 95, comma 4, contrastano con il combinato disposto degli artt. 3, comma 1 e 41 della Costituzione, in quanto le limitazioni di carattere normativo all'iniziativa economica privata, ancorché astrattamente legittime, debbono perseguire finalità di utilità sociale, sicché esse non possono che essere informate ai principi di ragionevolezza e proporzionalità. 
Ciò premesso, il generalizzato novennale divieto di rilascio dei provvedimenti de quib, sebbene astrattamente volto ad un fine di utilità sociale, quali gli scopi di tutela dell'ambiente enumerati al comma 1 dell'art. 95 L.R. 30/2016, non può ritenersi conforme a ragionevolezza e proporzionalità, giacché esso impedisce in limine l'esame delle ricadute ambientali e delle specifiche soluzioni tecniche relative alle singole proposte progettuali, precludendo l'assunzione di misure proporzionate rispetto al concreto contenuto di ciascuna istanza di coltivazione mineraria. La stessa Corte Costituzionale, investita della questione relativa all'asserita violazione del diritto alla libertà di iniziativa economica, "ha costantemente negato che sia «configurabile una lesione della libertà d'iniziativa economica allorché l'apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all'utilità sociale», purché, per un verso, l'individuazione di quest'ultima «non appaia arbitraria e che, per altro verso, gli interventi del legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue» (da ultimo, sentenza n. 167 del 2009)." (cfr. Corte Cost. sent. N. 152/2010). 
Il comma 5 della legge regionale in epigrafe, pur consentendo l'ampliamento delle cave di sabbia e ghiaia non estinte, lo condiziona alla presenza di taluni requisiti essenziali, ivi compresi un limite massimo determinato a priori dei volumi complessivamente assentiti ai singoli operatori richiedenti (L.R n. 30/2016 ari 95, comma 5 lett. a), nonché una soglia massima prestabilita (dì validità almeno triennale) dei volumi estraibili in ampliamento per ciascuna Provincia (LR. N. 30/2016 art. 95.. Comma 5 lett. d). Si rileva che le limitazioni all'esercizio delle iniziative imprenditoriali, concernenti l'ampliamento di preesistenti cave di inerti, derivanti dall'applicazione dell'art. 95 l.r. 30/2016, collidono con la competenza esclusiva statale ex art. 117, comma 2 Cost. in materia di tutela della concorrenza. 
Giova rammentare che "Com'è noto, infatti, la recente giurisprudenza costituzionale ha affermato che la nozione di concorrenza «riflette quella operante in ambito comunitario e comprende: a) sia gli interventi regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, quali le misure legislative di tutela in senso proprio, che contrastano gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale dei mercati e che ne disciplinano le modalità di controllo, eventualmente anche di sanzione; b) sia le misure legislative di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese, rimuovendo cioè, in generale, i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche (ex sentenze n. 270 e n. 45 del 2010, n. 160 del 2009, n. 430 e n. 401 del 2007)». 

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