Nell'immagine di copertina del Comitato Aeroporto di Treviso - da oggi - c'è scritto «STOP AMPLIAMENTO», dopo che sulla Tribuna di Treviso hanno pubblicato un articolo con titolo: "Voli sforati, l’aeroporto sotto inchiesta" e sotto titolo: "Il Ministero per l’ambiente apre la procedura per danno ambientale. Mandato alla Ispra: «Quantificare l’inquinamento»".

Oggi torniamo a scrivere di Aeroporti, visto che nell'immagine di copertina del Comitato Aeroporto di Treviso - da oggi - c'è scritto «STOP AMPLIAMENTO», dopo che sulla Tribuna di Treviso hanno pubblicato un articolo con titolo: "Voli sforati, l’aeroporto sotto inchiesta" e sotto titolo: "Il Ministero per l’ambiente apre la procedura per danno ambientale. Mandato alla Ispra: «Quantificare l’inquinamento»". 
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Il Ministero per l’ambiente apre la procedura per danno ambientale. 
Mandato alla Ispra: «Quantificare l’inquinamento»
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Non fossero bastato il dossier urbanistico con il quale lo Iuav ha bocciato l’aeroporto Canova di Treviso giudicando incompatibili tutela ambientale e sviluppo commerciale, arriva l’indagine – questa ufficiale e giuridica – del Ministero per l’Ambiente che dopo aver bocciato per due volte il progetto di ampliamento dello scalo trevigiano ha dato mandato all’agenzia Ispra di quantificare il danno ambientale causato dal superamento dei voli registrato negli ultimi anni.
Non è una semplice procedura volta a chiarire “se” vi sia stato inquinamento, ma una vera e propria attività scientifica volta a documentare “quanto” sia stato l’inquinamento, al fine di comminare le sanzioni di legge. E forse non solo quelle.
L’avvio dell’indagine è stato notificato ad Enac all’inzio di dicembre e mantenuto sotto assoluto silenzio. Incaricati dei rilievi saranno i tecnici del ministero, probabilmente affiancati da quelli di Arpav, l’agenzia regionale per l’ambiente che nel corso di questi hanno ha effettuato rilievi di inquinamento acustico e atmosferico nei pressi dell’aeroporto. Come faranno ad imputare allo scalo trevigiano la responsabilità dell’inquinamento? Difficile a dirlo, non foss’altro per la vastità del campo di indagine che spazia dal 2007 ad oggi; anni durante i quali più volte non è stato mantenuto il tetto dei voli (16.300) stabilito dallo stesso Ministero.
A documentare gli sforamenti fu lo stesso Comitato contro l’ampliamento dello scalo in un esposto alla procura di Treviso (2012) con il quale chiedeva interventi e sanzioni, ma che non ha avuto conseguenze. «Il limite sancito è stato superato nel 2007 (19.140 voli), nel 2008 (19.435), nel 2009 (19.453) e nel 2010 (22.672)» incalzò il comitato, sottolineando che nel 2011 i voli di erano ridotti solo per la chiusura dello scalo dovuta ai lavori di rifacimento della pista, e che nel 2012 erano tornati a salire oltre il limite. Nel 2013, secondo Enac, il limite è stato mantenuto, ma per il ministero i voli fuorilegge non possono passare inosservati. E così le loro conseguenze.
È una nuova vittoria per il comitato, ma anche per il Comune di Quinto di Treviso che in questi anni ha fatto la voce grossa più del comune capoluogo. L’ultimo atto di questa battaglia del piccolo comune contro il Golia di Save, la società che oggi gestisce lo scalo trevigiano, è nella lettera recapitata al Ministero a fine novembre. Una comunicazione ufficiale con la quale l’amministrazione chiedeva di bocciare anche la revisione del piano di svilupo aeroportuale fatta da Save dopo la bocciatura di agosto.
La società veneziana, infatti, incassato il no della commissione ambientale, aveva inoltrato una modifica ai progetti di ampliamento dello scalo trevigiano evidenziando l’intenzione di ridurre il numero di voli inizialmente ipotizzato di qui al 2030 (oltre 30 mila): «meno voli, meno inquinamento, meno problemi» aveva sottolieato la società. Quinto ha detto no, perchè spulciando le carte ha scoperto che – oltre ai numeri – erano state riviste anche le rotte degli aerei, cancellando l’equa ripartizione tra i cieli di Treviso e quelli di Quinto, penalizzando i tetti di casa sua: 70% degli aerei.
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E visto che oggi scriviamo dell'Aeroporto di Treviso... in questo video la sintesi dell'intervento della Dottoressa Antonella Litta dell'ISDE avvenuto nella assemblea pubblica organizzata il giorno 29 novembre 2014 a Quinto di Treviso relativo all'inquinamento dell'Aeroporto di Treviso.
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Ma oltre al Ministero dell'Ambiente anche la Corte dei Conti vuole vedere cosa stanno "combinando" all'Aeroporto di Treviso e quindi ricordiamo anche questo articolo con titolo: "Debiti, la Corte dei Conti «punta» Aertre Vendere? La giunta fa decidere il consiglio" e questo testo:
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«Indebitamento pesantissimo nei confronti di Save, e scarsità di informazioni fornite dalla controllata che si limita a mettere a conoscenza del Comune solo i documenti che vengono portati all’attenzione del consiglio di amministrazione». Due elementi che hanno acceso i fari della Corte dei Conti su Aertre, la società che controlla l’aeroporto Canova di Treviso e che il Comune (prima socio di maggioranza) ora partecipa in minima parte avendo ceduto il controllo e le azioni a Save. La Corte, oltre alla poca trasparenza, contesta i debiti contratti da Aertre per i lavori rifacimento della pista, cantiere pagato da Save ma che si è tradotto in un peso sul bilancio di Aertre da 17 milioni e rotti alla voce «debiti». Più del patrimonio netto della società trevigiana. Il debito ricade chiaramente in maggior parte su Save stessa in qualità di socio di maggioranza, ma pesa anche sui soci di minoranza come il Comune, una condizione che ha fatto scattare l’allerta della Corte.
Il comune che fa? Come annunciato vorrebbe vendere le quote Aerte uscendo di fatto in toto dall’aeroporto. Ma l’operazione, seppur supportata sia dall’indagine della Corte che dai risultati di bilancio di Aertre (in perdita ) non è cosa da poco anche in termini politici. Vuol dire non avere più voce sulla gestione dell’aeroporto, ammesso che fino ad oggi l’abbia avuta, con il 2,6% delle quote.
Quindi? La giunta, frenando l’indicazione a vendere data dall’assessore al bilancio Alessandra Gazzola (in foto) ha deciso di fare come Ponzio Pilato: lasciare al consiglio la scelta. Di qui una delibera, con due finali: «vendere Aertre», «non vendere Aertre», da completarsi in base al voto dei consiglieri.
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