25.02.2014: "La Commissione Europea chiede la condanna dell’Italia per l’inquinamento dell’aria" - 26.02.2014: "Polveri sottili: cosa rischiano Roma e Torino" - 27.02.2014: "Cosa rischiano gli abitanti di Caselle?"

Oggi vi segnalo due articoli, uno del 25 Febbraio 2014 a titolo: "La Commissione Europea chiede la condanna dell’Italia per l’inquinamento dell’aria" e uno del 26 Febbraio 2014 a titolo: "Polveri sottili: cosa rischiano Roma e Torino".
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La Commissione Europea chiede la condanna dell’Italia per l’inquinamento dell’aria.

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I punti principali della richiesta di condanna inoltrata dalla Commissione Europea alla Corte per le gravi inadempienze dell'Italia per i ripetuti superamenti dei valori limite applicabili alle concentrazioni di PM 10 nell’aria in numerose zone del territorio italiano.
1. Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di provvedere, per diversi anni consecutivi, affinché le concentrazioni di PM 10 nell’aria ambiente non superassero, in numerose zone e agglomerati situati sul territorio italiano, i valori limite fissati all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 1999/30/CE del Consiglio, del 22 aprile 1999, concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo (GUL163, pag.41), divenuto articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (GUL152, pag.1), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del suddetto articolo 5.
6. L’articolo5, paragrafo 4, della citata direttiva afferma quanto segue:«Se i valori limite per le PM 10 di cui alla sezione I dell’allegato III sono superati a causa di concentrazioni di PM 10 nell’aria ambiente dovute a eventi naturali e ne derivano concentrazioni significativamente superiori ai normali livelli di [fondo originati da] fonti naturali, gli Stati membri ne informano la Commissione a norma del paragrafo 1 dell’articolo 11 della direttiva 96/62/CE, fornendo le necessarie giustificazioni a riprova del fatto che il superamento è dovuto a eventi naturali. In tali casi, gli Stati membri sono obbligati ad applicare piani d’azione a norma del paragrafo 3 dell’articolo 8 di detta direttiva soltanto dove i valori limite di cui alla sezione I dell’allegato III sono superati per cause diverse dagli eventi naturali».
7. Al fine di garantire la protezione della salute umana, l’allegato III della direttiva 1999/30 fissa due tipi di limiti per le particelle PM 10 , distinguendo due fasi, le quali sono a loro volta divise in due periodi. Riguardo ai periodi della fase 1, che si estende dal 1° gennaio 2005 al 31 dicembre 2009, da un lato, il valore giornaliero di 50 μg/m 3 non deve essere superato più di 35 volte per anno civile e, dall’altro, il valore annuo da non superare è di 40 μg/m 3 . Per quanto concerne i periodi della fase 2, a partire dal 1° gennaio 2010, da un lato, il valore giornaliero da non superare più di 7 volte per anno civile è di 50 μg/m 3 e, dall’altro, il valore limite annuo è di 20 μg/m 3 .
13. L’articolo 13 della direttiva 2008/50, rubricato «Valori limite e soglie di allarme ai fini della protezione della salute umana», stabilisce, al paragrafo 1, quanto segue: «Gli Stati membri provvedono affinché i livelli di biossido di zolfo, PM 10 , piombo e monossido di carbonio presenti nell’aria ambiente non superino, nell’insieme delle loro zone e dei loro agglomerati, i valori limite stabiliti nell’allegato XI.
22. Pertanto, ritenendo che la Repubblica italiana non avesse rispettato gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 1999/30, la Commissione, in data 2 febbraio 2009, inviava a tale Stato membro una lettera di diffida. A tale lettera era allegato un elenco che indicava 55 zone e agglomerati italiani nei quali i limiti giornalieri e/o annui applicabili alle concentrazioni di PM 10 erano stati superati durante gli anni 2006 e 2007.
25. Nella sua decisione del 28 settembre 2009, la Commissione formulava alcune obiezioni all’istanza presentata dalla Repubblica italiana il 27 gennaio 2009, relativamente a 62 delle 67 zone censite da quest’ultima e situate nelle Regioni dell’Emilia Romagna, del Friuli Venezia Giulia, del Lazio, della Liguria, della Lombardia, delle Marche, dell’Umbria, del Piemonte, della Toscana e del Veneto, nonché nella Provincia autonoma di Trento.
33. Nel suo ricorso, la Commissione sostiene che le relazioni presentate a norma dell’articolo 11 della direttiva 96/62 dalla Repubblica italiana per l’anno 2005 e per gli anni successivi mostrano l’esistenza di superamenti dei valori limite applicabili alle concentrazioni di PM 10 nell’aria ambiente per un lungo periodo e in numerose zone del territorio italiano.
34. Inoltre, secondo le informazioni trasmesse da tale Stato membro per l’anno 2009, il superamento di tali valori limite perdurerebbe in 70 zone situate nelle Regioni della Campania, dell’Emilia Romagna, del Friuli Venezia Giulia, del Lazio, della Liguria, della Lombardia, delle Marche, dell’Umbria, del Piemonte, della Puglia, della Sicilia, della Toscana e del Veneto, nonché nella Provincia autonoma di Trento. 35. Ebbene, la Repubblica italiana non avrebbe adottato le misure necessarie per assicurare il rispetto dei valori limite applicabili alle concentrazioni di PM 10 e non avrebbe presentato nuove istanze di deroga a norma dell’articolo 22 della direttiva 2008/50.
64. In ogni caso, uno Stato membro che si trovi a dover far fronte a difficoltà momentaneamente insormontabili che gli impediscono di conformarsi agli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione può appellarsi a una situazione di forza maggiore solo per il periodo necessario a porre rimedio a tali difficoltà (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2001, Commissione/Francia, C 1/00, Racc. pag. I 9989, punto 131).
65. Invece, nel caso di specie, gli argomenti addotti dalla Repubblica italiana sono troppo generici e imprecisi per poter configurare un caso di forza maggiore che giustifichi il mancato rispetto dei valori limite applicabili alle concentrazioni di PM 10 nelle 55 zone e agglomerati italiani considerati dalla Commissione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:
1) La Repubblica italiana, avendo omesso di provvedere, per gli anni 2006 e 2007, affinché le concentrazioni di PM 10 nell’aria ambiente non superassero, nelle 55 zone e agglomerati italiani considerati nella diffida della Commissione europea del 2 febbraio 2009, i valori limite fissati all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 1999/30/CE del Consiglio, del 22 aprile 1999, concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale disposizione.
PER INFORMAZIONI: Infractions@ec.europa.eu
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POLVERI SOTTILI: COSA RISCHIANO ROMA E TORINO

La rivista Lancet pubblica uno studio sullo stato dell’inquinamento in Europa. I risultati per le nostre città non sono affatto positivi


L’ultimo numero pubblicato di Lancet (vol. 383, 22 febbraio 2014), la più prestigiosa rivista medica del mondo, offre l’opportunità per una nuova riflessione sullo stato dell’inquinamento nelle città europee, a Roma e Torino in particolare. Recentemente abbiamo riportato i risultati di una ricerca pubblicata sulla rivista Science of Total Environment (449, 2013), nell’ambito del progetto Aphekom, sulla qualità dell’aria in 25 città europee e sugli effetti delle esposizioni alle polveri sottili (PM10 e PM2,5) e all’ozono (O3).

La ricerca mostrava che tutte le città monitorate presentavano elevati livelli di ozono e concentrazioni di polveri sottili superiori a quelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). In particolare Roma, unica città italiana considerata nello studio, presentava livelli di ozono da record negativo e soprattutto concentrazioni medie elevate di PM10 e di PM2,5, le più alte tra le capitali dell’Europa Occidentale.

Ora lo studio Effects of long-term exposure to air pollution on natural-cause mortality: an analysis of 22 European cohorts within the multicentre ESCAPE project, pubblicato on line il 9 dicembre 2013 su Lancet, ci informa che all’esposizione al particolato fine (PM2,5) presente nell’aria è associato un incremento significativo del rischio di morte. Gli autori mostrano un aumento del 7% nella mortalità per ciascun incremento di 5 μg/m³ nella concentrazione di PM2,5, anche quando gli indici di concentrazione delle polveri sono di 20 μg/m³, cioè come quelli osservati normalmente a Roma, inferiori cioè ai limiti medi annui di 25 μg/m³, raccomandati in Europa.

Lo studio, pur non analizzando la relazione tra inquinamento da polveri sottili e le diverse cause di morte, evidenzia un aumento del 18% dell’incidenza del cancro al polmone per ciascun incremento di 5 μg/m³ nella concentrazione di PM2,5 e un effetto moltiplicativo sulle morti per infarto cardiaco. Infine, i ricercatori del progetto ESCAPE, confermando i livelli di inquinamento da particolato registrati nel precedente studio pubblicato su Science of Total Environment, evidenziano come le loro stime di incremento del rischio di mortalità e degli anni di vita persi risultino due volte maggiori di quelle calcolate dal progetto Aphekom.

DEF






















Lo studio pubblicato su Lancet getta una luce sinistra sul ruolo delle polveri sottili sulla salute umana nelle grandi città, e mette in evidenza un’incontrovertibile e allarmante “associazione monotona (lineare o log-lineare) tra esposizione alle polveri sottili PM2,5 e incremento del rischio di morte, senza un apparente livello soglia, al di sotto del quale tale rischio si annulli”. Significativamente lo studio conclude ammonendo che l’attuale limite medio annuo di 25 μg/m³ per il particolato PM2,5, raccomandato dall’Unione Europea, non rappresenti una barriera efficacie e sicura contro gli effetti negativi dell’azione delle polveri sottili sulla salute umana e che tale limite andrebbe fortemente ridotto almeno alla soglia indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità di 10 μg/m³ medi annui, che viceversa sembra rendere nulli gli effetti del particolato fine.

Infine, l’articolo ricorda che lo studio ha preso in considerazione solo il periodo 2008-2011, quindi non è in grado di rappresentare gli effetti cumulativi, pure provati in altre indagini, delle esposizioni prolungate alle polveri sottili.
  
In conclusione seppure il traffico non risulti il solo imputato (altre cause sono la presenza di siti industriali e la forte densità abitativa), di certo è almeno in aree non proprio industriali, come Roma, l’incriminato principale per ciò che riguarda la produzione di PM2,5. In queste condizioni, vista la relazione tra alimentazione a diesel e produzione di polveri sottili, non sarebbe il caso di assumere provvedimenti più incisivi e drastici per ciò che riguarda il parco auto diesel circolante (il 50% dell’intero parco auto italiano) e l’invasione di autobus turistici, spesso vetusti, pure a diesel?

Signori sindaci di Roma e Torino siete voi i responsabili della salute dei vostri cittadini e i risultati dei recenti studi epidemiologici vi impongono l’adozione di provvedimenti immediati.
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25.02.2014: 

"La Commissione Europea chiede la condanna dell’Italia per l’inquinamento dell’aria" 26.02.2014: 
"Polveri sottili: cosa rischiano Roma e Torino"  
27.02.2014: 
"Cosa rischiano gli abitanti di Caselle?

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