CONSIGLIO DI STATO - 22 marzo 2012 - VIA VAS E AIA – VIA – Giudizio di VIA - Discrezionalità amministrativa – Procedura – Art. 10-bis L. n. 241/1990 – Preavviso di rigetto – Applicabilità – Art. 9, c. 1, d.lgs. n. 152/2006 – Progetto originario – Modifiche – Maggiore conformità all’interesse pubblico – Rinnovo della procedura – Necessità – Esclusione.
In merito al FINTO Recupero Ambientale dell'ex Cava Siberie, ma VERA discarica di rifiuti, visto che ci sono novità all'interno dell'ex Cava Siberie, nei giorni scorsi ho scritto i seguenti messaggi:
Giovedi 22 Marzo 2012
Quando... "l'è peso el tacon del buso". Inutile che continuate a riparare i danni che create. Finchè potrò combattere... questa discarica non la riaprirete mai. Dalla settimana prossima inizia una nuova guerra, stavolta contro INUOVI (mentre GLIEX fanno finta di non vedere).
Quando... "l'è peso el tacon del buso". Inutile che continuate a riparare i danni che create. Finchè potrò combattere... questa discarica non la riaprirete mai. Dalla settimana prossima inizia una nuova guerra, stavolta contro INUOVI (mentre GLIEX fanno finta di non vedere).
VIA VAS AIA - CONSIGLIO DI STATO – 19 marzo 2012 - VIA, VAS E AIA – Studio di
Impatto Ambientale – Artt. 5 e 22 d.lgs. n. 152/2006 – Funzione e contenuti –
Grado di completezza ed articolazione – Effetti ambientali del progetto –
Dialettica procedimentale tra proponente e amministrazione – Art. 10 d.lgs. n.
152/2006 – Novella ex d.lgs. n. 128/2010 – Coordinamento tra le procedure di VIA
e AIA – Mantenimento della diversità di funzione – Art. 4, c. 4, lett. b) e c) e
art. 6, c. 13 d.lgs. n. 152/2006.
.
.
E dato che sarebbe ora il far chiudere definitivamente quella DISCARICA, pur avendo da fare per lo S.I.A. della V.I.A. dell'Aeroporto di Treviso, devo cominciare a raccogliere informazioni che potrebbero essermi utili e quindi oggi mi prendo un appunto, dopo aver visto, su Ambiente Diritto questo:
VIA VAS E AIA – VIA – Giudizio di VIA - Discrezionalità amministrativa – Procedura – Art. 10-bis L. n. 241/1990 – Preavviso di rigetto – Applicabilità – Art. 9, c. 1, d.lgs. n. 152/2006 – Progetto originario – Modifiche – Maggiore conformità all’interesse pubblico – Rinnovo della procedura – Necessità – Esclusione.
N. 01640/2012REG.PROV.COLL.
N. 00892/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 892 del 2011, proposto
da Co. E. Ma. - Consorzio Ecologico Massimetta, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Avilio
Presutti, Patrizio Leozappa e Damiano Lipani, con domicilio eletto presso il
primo in Roma, piazza S. Salvatore in Lauro n. 10;
contro
- Associazione Culturale Contro Le Nocività, in persona del
signor Paolo Cappabianca, Associazione Salute Ambiente Antinceneritore, in
persona del signor Amadio Malizia, Aldo Fabrizi, Luigi Loffredi, Amadio Malizia,
Paolo Cappabianca, Fiorella Costantini, Stella Tundo, Francesco De Ficchy,
Sergio Panosetti, Simonetta Silvestri, tutti rappresentati e difesi dagli
avvocati Giuseppe Lo Mastro e Stefano Rossi, con domicilio eletto presso il
primo in Roma, via Lucrezio Caro n. 38;
- Comune di Albano Laziale, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessio Petretti e Marciano Petrillo, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, Piazzale Clodio n. 18;
- Comune di Rocca di Papa, Comune di Castel Gandolfo, Comune di Lanuvio, Comune di Ariccia, Comune di Ardea, Comune di Genzano di Roma, Comune di Pomezia, ciascuno in persona del sindaco pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Alessio Petretti, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni n. 268/A;
- WWF Italia O.n.g. Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessio Petretti, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni n. 268/A;
- Comune di Albano Laziale, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessio Petretti e Marciano Petrillo, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, Piazzale Clodio n. 18;
- Comune di Rocca di Papa, Comune di Castel Gandolfo, Comune di Lanuvio, Comune di Ariccia, Comune di Ardea, Comune di Genzano di Roma, Comune di Pomezia, ciascuno in persona del sindaco pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Alessio Petretti, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni n. 268/A;
- WWF Italia O.n.g. Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessio Petretti, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni n. 268/A;
nei confronti di
- Regione Lazio, in persona del presidente pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Saverio Marini, con domicilio
eletto presso quest’ultimo in Roma, via dei Monti Parioli n. 48;
- Commissario delegato per l’emergenza ambientale - Presidenza del Consiglio dei Ministri – non costituito;
- Azienda Usl Roma E, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;
- Commissario delegato per l’emergenza ambientale - Presidenza del Consiglio dei Ministri – non costituito;
- Azienda Usl Roma E, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;
e con l'intervento di
ad opponendum
Comune di Marino, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessio Petretti, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni n. 268/A;
Comune di Marino, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessio Petretti, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via degli Scipioni n. 268/A;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Lazio – Roma - sezione I, n.
36740 del 15 dicembre 2010.
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio – e contestuale appello
incidentale - della Associazione Culturale Contro Le Nocività, della
Associazione Salute Ambiente Antinceneritore, nonché dei signori Aldo Fabrizi,
Luigi Loffredi, Amadio Malizia, Paolo Cappabianca, Fiorella Costantini, Stella
Tundo, Francesco De Ficchy, Sergio Panosetti e Simonetta Silvestri;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Albano
Laziale nonché del Comune di Rocca di Papa, Comune di Castel Gandolfo, Comune di
Lanuvio, Comune di Ariccia, Comune di Ardea, Comune di Genzano di Roma, Comune
di Pomezia.
visto l’atto di costituzione in giudizio della regione
Lazio;
visto l’atto di intervento ad opponendum del comune di
Marino;
viste le memorie (difensiva e di replica), depositate dalla
difesa dei ricorrenti incidentali, rispettivamente, in data 27 gennaio e 7
febbraio 2012;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2012 il
consigliere Vito Poli e uditi per le parti gli avvocati Presutti, Lo Mastro,
Petretti, Stefano Petrillo, su delega di Marciano Petrillo, Renato Marini, su
delega di Francesco Marini;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso n.r.g. 132/2009, l’Associazione Culturale Contro
Le Nocività, l’Associazione Salute Ambiente Antinceneritore, Aldo Fabrizi, Luigi
Loffredi, Amadio Malizia e Paolo Cappabianca, hanno impugnato, davanti al T.a.r.
per il Lazio, gli atti costitutivi della procedura di valutazione di impatto
ambientale (in prosieguo VIA), relativa alla costruzione, da parte del Co. E.
Ma. - Consorzio Ecologico Massimetta (in prosieguo Consorzio), dell’impianto di
termovalorizzazione del combustibile derivato da rifiuti (CDR) per la produzione
di energia elettrica, da realizzarsi nel tenimento del comune di Albano Laziale,
località Cecchina.
2. Con un primo atto di motivi aggiunti – notificato il 19 marzo
2009 e depositato il successivo 7 aprile 2009 – sono stati impugnati i
provvedimenti costitutivi della precedente fase di approvazione del progetto e
di localizzazione della centrale elettrica.
3. Con un secondo atto di motivi aggiunti – notificato il 6/23
novembre 2009 e depositato il successivo 7 dicembre 2009, intestato anche ai
signori Fiorella Costantini, Stella Tundo, Francesco De Ficchy, Sergio Panosetti
e Simonetta Silvestri – è stata impugnata, unitamente agli atti presupposti, la
determinazione regionale B3694 del 13 agosto 2009, recante l’autorizzazione
integrata ambientale ai sensi del d.lgs. n. 56 del 2005 (in prosieguo AIA).
4. L’impugnata sentenza - T.a.r. per il Lazio, sezione I, n.
36740 del 15 dicembre 2010 -:
a) ha dichiarato il difetto di legittimazione al ricorso delle
due associazioni locali di protezione ambientale (pagine 18 – 20);
b) ha riconosciuto la legittimazione a ricorrere delle persone
fisiche (pagine 20 – 22);
c) ha qualificato l’intervento del WWF Italia – notificato e
depositato in data 29 gennaio 2009 - come adesivo autonomo ai sensi dell’art.
28, co. 2, c.p.a. riconoscendone la tempestività ed ammissibilità (pagina
22);
d) ha dichiarato inammissibile l’intervento del comune di Albano
Laziale (pagina 23, tale capo non è stato impugnato ed è coperto dalla forza del
giudicato interno);
e) ha riconosciuto la tardività del deposito dell’atto di
intervento dei comuni diversi da quello di Albano, ritenendolo però
implicitamente autorizzato in sanatoria dalle controparti presenti all’udienza
di discussione che non si sono opposte (pagina 23);
f) accantonate le relative eccezioni pregiudiziali, ha in parte
dichiarato inammissibili ed in parte respinto le censure mosse nei confronti
degli atti, posti in essere dal Commissario delegato per l’emergenza ambientale
nel territorio della regione Lazio (e dalla Commissione tecnico scientifica di
cui si è avvalso), costitutivi della procedura di approvazione del progetto e di
localizzazione della centrale elettrica (pagine 23 – 26, anche tale capo non è
stato impugnato ed è coperto dalla forza del giudicato interno);
g) dopo aver respinto la pregiudiziale eccezione di tardività,
ha annullato l’ordinanza del Presidente della regione Lazio n. 3 del 22 ottobre
2008 recante l’autorizzazione, in via d’urgenza, all’allestimento del cantiere
ed all’inizio dei lavori di costruzione della centrale elettrica (pagine 26 –
27, tale capo non è stato ritualmente impugnato, come si dirà meglio al § 10.2,
ed è coperto dalla forza del giudicato interno);
h) ha annullato la VIA positiva (determinazione del Dipartimento
territorio della regione Lazio – Direzione regionale ambiente e cooperazione tra
i popoli – prot. n. 177177 dell’8 ottobre 2008), dopo aver favorevolmente
riscontrato le censure di carattere procedimentale nonché quelle di carattere
sostanziale mosse dai ricorrenti (pagine 27 – 41);
i) ha respinto i motivi proposti avverso l’AIA (tale capo non è
stato ritualmente gravato da appello incidentale, come si dirà meglio al § 10.1,
ed è coperto dalla forza del giudicato interno), che ha però annullato per
invalidità derivata dall’assodata illegittimità della VIA positiva (pagine 42 –
47);
l) ha compensato integralmente fra le parti le spese di lite
(pagina 47).
5. Con ricorso ritualmente notificato e depositato il Consorzio
ha interposto appello sostenuto da cinque autonomi motivi (pagine 11 - 39).
6. Si sono costituti, proponendo contestuale gravame
incidentale, l’Associazione Culturale Contro Le Nocività, l’Associazione Salute
Ambiente Antinceneritore, Aldo Fabrizi, Luigi Loffredi, Amadio Malizia, Paolo
Cappabianca, Fiorella Costantini, Stella Tundo, Francesco De Ficchy, Sergio
Panosetti e Simonetta Silvestri (cfr. comparsa di costituzione con contestuale
appello incidentale notificata il 28 febbraio 2011 e depositata il successivo 1°
marzo 2011).
7. Si sono, inoltre, costituiti:
a) i comuni di Albano Laziale, Rocca di Papa, Castel Gandolfo,
Lanuvio, Ariccia, Ardea, Genzano di Roma, Pomezia, per resistere all’appello
principale;
b) la regione Lazio per aderire all’appello principale;
8. E’ intervenuto ad opponendum del gravame principale il
comune di Marino.
9. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 28
febbraio 2012.
10. Preliminarmente il collegio deve dichiarare
l’inammissibilità (e dunque l’inutilizzabilità, cfr. da ultimo Cons. St., sez.
V, 23 febbraio 2012, n. 1058), della memoria di replica, depositata dalla difesa
dei privati appellanti incidentali in data 7 febbraio 2012, per violazione
dell’art. 73, co. 1, c.p.a., secondo cui <<1.Le parti possono
……..presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in
vista dell’udienza fino a venti giorni liberi>>.
Nella specie è pacifico (e lealmente dichiarato a pagina 2 delle
medesima memoria di replica), che nessuna altra parte ha depositato memorie
conclusionali le quali, nel disegno della richiamata norma, costituiscono il
presupposto indefettibile per la redazione di note in replica.
10.1. Sempre in via preliminare il collegio rileva
l’inammissibilità della riproposizione pura e semplice, in appello, delle
censure articolate in prime cure nel secondo atto di motivi aggiunti (ovvero
quelle sviluppate nei confronti dell’AIA, cfr. pagine 20 – 29 dell’atto di
costituzione in giudizio degli appellati).
Sul punto sono dirimenti tutti i principi elaborati
dall’adunanza plenaria di questo Consiglio circa l’ambito del divieto sancito
dall’art. 101, co. 1, c.p.a. (cfr. Cons. St., ad. plen., 3 giugno 2011, n. 10,
cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, co.1, e 88, co. 2,
lett. d), c.p.a.), che il collegio condivide.
In fatto, è sufficiente evidenziare che non è esatto quanto
affermato nella comparsa di costituzione (pagina 20), ovvero che l’impugnata
sentenza ha omesso di prendere in esame tali censure.
Il T.a.r., al contrario (pagine 42 – 47, in particolare §§
4.2.1. – 4.3.2.), ha esaminato funditus le doglianze avverso l’AIA e le
ha disattese puntualmente, statuendo inoltre che <<…l’annullamento
della VIA positiva – acquisita come tale dalla Conferenza di Servizi – non può
che comportare, in via derivata, anche l’illegittimità del provvedimento di AIA
del quale costituisce, come già evidenziato, atto presupposto>>.
Per completezza il collegio osserva, nel merito ed in una con
l’impugnata sentenza, che tutte le doglianze sviluppate avverso l’AIA sono
smentite per tabulas dall’esame della documentazione versata in atti, in
particolare, quelle poste a sostegno del motivo sub n. 2 del secondo atto di
motivi aggiunti in prime cure (pagine 27 – 41), riprodotte pedissequamente nella
memoria di costituzione in appello (pagine 21 – 29), incentrate sulle
<<stesse violazioni di cui al primo motivo; violazione e falsa
applicazione del principio di precauzione di cui al D.lgs n. 152/06 e Trattato
Comunità Europea (Art. 174 comma II); eccesso di potere per omessa istruttoria
omessa motivazione; contraddittorietà, falsità dei presupposti e sviamento di
potere>>.
10.2. Parimenti inammissibile risulta:
a) l’introduzione, per la prima volta nel giudizio di appello,
di doglianze (in fatto e diritto) ulteriori rispetto a quelle che, proposte con
atti ritualmente notificati, hanno delimitato il perimetro del thema
decidendum in prime cure (in particolare si vedano le pagine 3 – 7 e 24 – 25
della memoria conclusionale depositata dagli appellati in data 27 gennaio 2012);
non si può tener conto di tali profili nuovi perché sollevati in spregio al
divieto dei nova sancito dall’art. 104, co.1, c.p.a., ed al valore
puramente illustrativo delle memorie conclusionali (cfr., ex plurimis,
Cons. St., sez. V, 30 giugno 2011, n. 3913; ad. plen., 19 dicembre 1983, n. 26
cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, co.1, e 88, co. 2,
lett. d), c.p.a.);
b) l’impugnativa, da parte della regione Lazio, a mezzo memoria
di costituzione depositata il 4 marzo 2011 ma non notificata, del capo della
sentenza concernente l’annullamento dell’ordinanza del Presidente della regione
Lazio n. 3 del 22 ottobre 2008; nella specie è stato violato l’art. 96 c.p.a.
che impone al soccombente, per tali ipotesi, la proposizione di appello
incidentale.
11. Può scendersi all’esame dell’appello principale.
11.1. Con le prime quattro censure poste a sostegno del primo
motivo del gravame principale (pagine 11 – 14), il Consorzio contesta la
sussistenza della legittimazione e dell’interesse ad agire dei ricorrenti
persone fisiche.
Il collegio può esimersi dall’esame del mezzo in parte
qua perché, anticipandosi quanto si dirà meglio in prosieguo, le censure
proposte dagli originari ricorrenti avverso la VIA positiva sono infondate nel
merito.
11.1.1. Con le rimanenti tre censure del primo motivo del
gravame principale (pagine 14 – 15), il Consorzio deduce:
a) l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha qualificato
l’intervento del WWF come adesivo autonomo ai sensi dell’art. 28, co. 2,
c.p.a.;
b) l’omessa declaratoria di inammissibilità degli interventi
ad adiuvandum dei comuni diversi da quello di Albano Laziale, sotto il
profilo della tardività dei medesimi.
11.1.2. La censura sub a) è fondata in parte ma determina
soltanto la correzione della motivazione .
11.1.3. Il collegio rileva che, effettivamente, la
qualificazione dell’intervento del WWF come autonomo da parte della sentenza
impugnata è erronea e va corretta, in quanto detto intervento, spiegato peraltro
anteriormente all’entrata in vigore del codice, era diretto soltanto a sostenere
le ragioni delle parti ricorrenti e non faceva valere una autonoma pretesa: era
quindi un intervento adesivo dipendente. Il riferimento alle norme statutarie
esibiva l’interesse all’intervento. I motivi di ricorso apparentemente proposti
autonomamente erano in realtà o la riproduzione pedissequa di un motivo proposto
dai ricorrenti o un preannuncio di motivi aggiunti, poi non più proposti.
Del resto l’intervento nel processo amministrativo, nella
previgente disciplina ed anche nell’art. 28 comma 2 cod. proc. amm., non è
litisconsortile autonomo, bensì invece adesivo dipendente, a sostegno delle
ragioni di una o di altra parte, consentito a condizione che il soggetto, se
legittimato, non sia decaduto dal diritto di impugnare il provvedimento
amministrativo. Fa eccezione soltanto l’intervento in appello del soggetto che
intende opporsi di terzo (ex art. 109, comma 2, cod. proc. amm.), che è di tipo
litisconsortile autonomo.
Peraltro, l’inammissibilità dell’intervento è dedotta sotto un
unico profilo, come conseguenza dell’inammissibilità del ricorso: ma, come già
osservato sub 11.1, la questione dell’ammissibilità del ricorso resta assorbita
dalla sua infondatezza nel merito: lo stesso è a dirsi dunque della questione
dell’ammissibilità dell’intervento.
11.1.4. Fondata è l’eccezione di tardività degli interventi dei
comuni in primo grado.
Risulta per tabulas che:
a) gli atti sono stati consegnati all’ufficiale giudiziario, per
la notificazione, in data 27 ottobre 2010 e depositati in pari data presso la
segreteria del T.a.r. del Lazio;
b) sempre nello stesso giorno è stata celebrata l’udienza di
discussione del ricorso.
E’ palese la violazione dei termini perentori stabiliti
dall’art. 50, co. 2 e 3, c.p.a. per la notificazione e il deposito dell’atto di
intervento.
Come assodato dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr.
Cons. St., sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8363), la nuova disciplina introdotta
dall’art. 50 c.p.a. prevede, sul piano strettamente procedurale, che:
c) l’atto di intervento è proposto al giudice davanti al quale
pende la controversia principale;
d) l’atto deve contenere le generalità dell’interventore, le
ragioni su cui si fonda, la sottoscrizione della parte, il patrocinio del
difensore e la relativa procura (ex art. 22, co. 2, e 24, c.p.a.);
e) l’intervento è notificato a tutte le altre parti, costituite
e non, nel giudizio principale;
f) il deposito dell’atto di intervento è sottoposto ad un
duplice, inderogabile, limite temporale: a pena di decadenza deve essere
depositato nella segreteria del giudice adito entro trenta giorni dalla
notificazione e, comunque, non oltre trenta giorni prima dell’udienza fissata
per la discussione del ricorso.
Secondo ricevuti principi, la tardività del deposito non è
sanabile ex post, per acquiescenza delle controparti (come, viceversa,
sostenuto dalla difesa degli appellati a pagine 14 – 15 della memoria di
costituzione), in quanto i termini perentori sono espressivi di un precetto di
ordine pubblico processuale essendo posti a presidio del contraddittorio e
dell’ordinato lavoro del giudice (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. V,
n. 23 febbraio 2012, n. 1058; sez. V, 28 marzo 2008, n. 1331, cui si rinvia a
mente del combinato disposto degli artt. 74, co.1, e 88, co. 2, lett. d),
c.p.a.).
11.2. Con il secondo e terzo mezzo (pagine 15 – 37) si confutano
le statuizioni di accoglimento dei motivi articolati nel ricorso principale di
primo grado avverso la procedura di VIA positiva.
11.2.1. I mezzi sono fondati.
11.2.2. Per ragioni di semplicità espositiva conviene prendere
direttamente in esame i motivi sollevati dagli originari ricorrenti, premettendo
una sintetica ricostruzione dei fatti rilevanti per cui è causa.
11.2.3. Sul calare del 2007, il Consorzio ha presentato alla
regione Lazio ed agli altri enti interessati (provincia di Roma e comune di
Albano Laziale), un progetto per la realizzazione del contestato impianto
energetico onde ottenere una favorevole valutazione di impatto ambientale a
conclusione della relativa procedura.
La regione, dopo aver valutato gli elaborati di progetto, lo
studio di impatto ambientale (in prosieguo SIA), le osservazioni presentate da
associazioni ambientaliste, comitati, cittadini e due consiglieri comunali di
Albano Laziale, ha reso parere negativo (cfr. determinazione Dipartimento
territorio della regione Lazio – Direzione regionale ambiente e cooperazione tra
i popoli – prot. n. D2/2S/04/52744 del 25 marzo 2008), per le seguenti
ragioni:
a) impatto negativo sull’equilibrio idrogeologico, in una zona
ricadente in ambito critico, a causa dell’apertura di un nuovo pozzo e della
pavimentazione di una vasta area, con conseguente aggravio dello sfruttamento
della risorsa idrica e alterazione del regime di ricarica della falda;
b) inattendibilità dei dati (risalenti ad un monitoraggio del
1999) relativi all’aumento degli agenti inquinanti dell’aria ed alla diffusione
di sostanze chimiche ed odorigene; non conformità del monitoraggio previsto con
le prescrizioni stabilite dalla delibera di giunta regionale n. 222 del
2005;
c) possibile compromissione dei raccolti di uva a causa delle
emissioni dell’impianto;
d) contrasto dell’impianto con la destinazione urbanistica e
paesaggistica dell’area di sedime (zona
agricola di rilevante pregio ambientale e paesaggistico);
e) omessa descrizione degli effetti derivanti dalle opere
necessarie per la interconnessione con la rete elettrica;
f) omessa valutazione degli effetti dell’opera sul traffico
veicolare in considerazione del valore stimato di movimentazione di 600
tonnellate di CDR al giorno (in entrata e uscita dall’impianto).
11.2.3.1. Il Consorzio, non essendo stato preavvisato della
decisione negativa ai sensi dell’art. 10 bis, l. n. 241 del 1990:
a) ha sollecitato la possibilità di controdedurre onde sanare
eventuali carenze progettuali (cfr. note in data 29 marzo, 7 aprile e 29 aprile
2008);
b) ha presentato due relazioni: la prima integrativa degli
aspetti idrogeologici (cfr. nota del 29 aprile 2008), la seconda, su richiesta
della regione (cfr. nota prot. n. 14154 del 5 agosto 2008), di aggiornamento del
progetto (cfr. nota in data 25 agosto 2008);
c) ha proposto ricorso al T.a.r. del Lazio impugnando la VIA
negativa.
11.2.3.2. La regione Lazio:
a) ha sospeso in via di autotutela la VIA negativa (cfr.
determinazione del direttore del Dipartimento territorio della regione Lazio
prot. n. 7946 del 21 maggio 2008), onde acquisire, in applicazione dell’art.
10 bis, l. n. 241 cit., sia le controdeduzioni del Consorzio sia le
valutazioni conclusive degli uffici regionali competenti;
b) su richiesta degli uffici regionali impegnati nell’attività
istruttoria supplementare, ha concesso ulteriori termini disponendo anche la
proroga degli effetti della sospensione della VIA negativa fino al 30 ottobre
2008 (cfr. determinazione prot. n. 12151 in data 31 luglio 2008).
11.2.3.3. E’ seguita una VIA positiva con prescrizioni (cfr.
determinazione del Dipartimento territorio della regione Lazio – Direzione
regionale ambiente e cooperazione tra i popoli – prot. n. 177177 dell’8 ottobre
2008), che ha ritenuto, all’esito di un esame del progetto nel suo complesso,
<> , sulla scorta dei seguenti elementi (cfr. pagine 8 – 12
della determinazione):
a) riduzione del tetto di produttività dell’impianto del 30 -
40% con conseguente riduzione della potenza della centrale da 40 a 24 MW;
b) <> , da attribuirsi alla <<…diminuzione della
portata in uscita dai camini derivante dalla riduzione della potenzialità
dell’impianto>>;
c) possibile ulteriore sfruttamento della quantità di calore
dissipata dai camini, mediante l’installazione di uno scambiatore di calore, da
utilizzare per le utenze vicine con l’energia termica residua;
d) prolungamento e ottimizzazione del monitoraggio della qualità
dell’aria (nell’arco di un anno e ante operam) a cura del Consiglio
nazionale delle ricerche (in prosieguo) C.N.R., compreso il rilevamento delle
PM2,5 e fermo restando che la normativa europea in materia di emissioni non
contiene alcun riferimento specifico alle nano polveri;
e) probabile assenza di reperti archeologici – in relazione alla
presenza, a circa 300 metri dal sito, di aree archeologiche – suffragata dagli
esiti dei lavori di scavo effettuati per la realizzazione, in zona limitrofa, di
un impianto di smaltimento di rifiuti (nonché per scavi in altri appezzamenti
contigui);
f) indicazione delle opere di collegamento alla rete elettrica,
limitate alla realizzazione di una sottostazione alta – media tensione, essendo
presente in situ una linea aerea di media tensione per l’alimentazione di
un impianto di CDR;
g) caratterizzazione del traffico veicolare atteso nella fase
post operam, e conseguente calcolo degli apporti inquinanti dei mezzi
necessari alla gestione dell’impianto;
h) individuazione della natura e destinazione finale dei residui
del processo di produzione energetica (ceneri ed altre sostanze);
i) considerazione espressa dei seguenti fattori:
I) procedure di accertamento del CDR;
II) composizione chimica delle acque industriali;
III) caratteristiche di trattamento delle ceneri provenienti dal
secondo filtro a maniche;
IV) smaltimento di materiali adsorbenti presso ditta
specializzata;
V) vita utile e impatto della dismissione dell’impianto;
VI) relazione funzionale fra impianto e richiesta di apertura di
ulteriore invaso per discarica di rifiuti;
l) valutazione dell’impianto quale migliore alternativa di
progetto rispetto ad altre localizzazioni, in relazione ai criteri della
pianificazione regionale;
m) modificazione del sistema di raffreddamento mediante
l’utilizzo di un bacino artificiale di acque piovane, e l’uso di un sistema di
raffreddamento ad aria, con la conseguente non necessità di apertura di un nuovo
pozzo di emungimento della falda acquifera;
n) giudizio di inattendibilità delle precedenti campagne di
monitoraggio effettuate nel 2005 e 2007 e di non conformità alle prescrizioni di
cui al d.m. Ambiente 2 aprile 2002, n. 60 allegato X; positiva valutazione della
proposta di effettuare un monitoraggio annuale della qualità dell’aria da parte
del C.N.R.
11.2.4. L’originario ricorso principale - allibrato al n.r.g.
132/2009 – è stato fondato sui seguenti motivi (pagine 7 – 25):
a) la prima procedura di VIA, conclusasi negativamente per il
Consorzio, doveva ritenersi definitiva, insuscettibile di riapertura
procedimentale a mezzo di un atipico provvedimento di sospensione dei suoi
effetti per giunta illegittimamente prorogato dopo la primitiva scadenza;
b) il progetto modificato dal Consorzio, dopo la riapertura del
procedimento, non è stato sottoposto nuovamente alle associazioni ed ai
cittadini che avevano a suo tempo presentato osservazioni palesandosi una
evidente carenza di istruttoria nonché la violazione dell’art. 28, d.lgs. n. 152
del 2006;
c) incompetenza dell’organo che ha disposto la sospensione della
VIA negativa, illegittimità della prosecuzione dell’istruttoria dovuta a
pressioni politiche, omessa acquisizione del parere del responsabile del
procedimento, violazione delle norme regionali circa la competenza dei
dirigenti, omessa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti
interessati che avevano partecipato fino a quel momento alla procedura;
d) illegittima omessa pubblicazione del progetto modificato in
modo sostanziale;
e) inapplicabilità dell’art. 10 bis, l. n. 241 del 1990
alla procedura di VIA;
f) contraddittorietà delle valutazioni sottese alla VIA positiva
rispetto a quanto ritenuto ostativo nella precedente VIA negativa; omessa
considerazione delle criticità relative all’assetto idrogeologico, al quadro
programmatorio, alla gestione dell’elettrodotto, al traffico indotto dalla
centrale;
g) sopra valutazione dell’unico dato nuovo rilevante, ovvero la
riduzione del consumo di CDR (da 220.000 a 160.000 tonnellate annue, nonché dei
nuovi monitoraggi e controlli richiesti al Consorzio;
h) insufficiente apprezzamento delle condizioni di inquinamento
dell’aria, necessità di modificare il progetto prevedendo una sola (in luogo di
due) linee di gassificazione;
i) incongruità della scelta di approvare un bacino per acqua
piovana non essendovi certezza dell’entità delle precipitazioni atmosferiche in
netta diminuzione nella zona dei castelli romani (secondo studi dell’Università
la Sapienza di Roma del 2005);
l) mancata analisi critica delle regioni di convenienza
economica dell’infrastruttura in relazione alla tecnologia impiegata per la
gassificazione; omessa considerazione delle ricadute negative dell’unica
centrale europea a gassificazione (costruita a Karlsrhue e poi chiusa per gli
esiti disastrosi); omessa analisi comparativa della tecnologia offerta ispirata
ad una centrale in funzione in Giappone; omessa verifica degli aspetti
tecnologici gestionali della centrale;
m) omessa approfondita considerazione dei prodotti della
lavorazione della centrale (residui vetrificati e ceneri inerti), insufficienza
del riferimento, per questi ultimi, alla vigente classificazione nazionale come
CER 19.04.01 rifiuti speciali non pericolosi da smaltire in discarica;
n) genericità ed astrattezza delle 19 prescrizioni imposte al
Consorzio; i monitoraggi imposti a quest’ultimo avrebbero dovuto precedere e non
seguire la VIA positiva.
11.2.5. L’impugnata sentenza ha favorevolmente riscontrato sia
le censure di carattere procedimentale sia quelle di carattere sostanziale; in
particolare (pagine 35 – 41 della sentenza); sono state altresì ravvisate talune
perplessità nella valutazione positiva di impatto ambientale (in comparazione
con il precedente parere negativo), avuto riguardo ai seguenti profili:
a) pretermissione degli aspetti relativi all’inquadramento
paesaggistico;
b) omessa specifica valutazione dello studio sul traffico
contenuto nella relazione integrativa redatta dal Consorzio;
c) contradditorietà fra parere favorevole e criticità, accertate
nel medesimo atto, in relazione sia al monitoraggio ed alla qualità dell’aria
(insufficienza del campione e carattere non aggiornato dei rilievi posti a base
della SIA), sia alle modalità di abbattimento delle polveri totali e degli
ossidi di azoto;
d) apoditticità delle conclusioni contenute nel parere
favorevole la dove ritengono che <> ;
e) esagerata rilevanza data alla riduzione della potenza
dell’impianto.
11.2.6. Tutti i motivi posti a fondamento del ricorso principale
di primo grado (come sopra descritti e accolti dall’impugnata sentenza), sono
inammissibili o infondati e devono essere respinti nella loro globalità.
11.2.7. Giova a questo punto soffermarsi, sia pur
sinteticamente, sopra la natura della procedura di VIA e delle posizioni
soggettive in essa coinvolte, il tipo di sindacato esercitabile dal giudice
amministrativo, e le relative conseguenze in ordine ai limiti, cognitori e
probatori, dei suoi poteri.
Circa l’esatta individuazione della natura del potere e l’ampia
latitudine della discrezionalità esercitata dall’amministrazione in sede di VIA,
in quanto istituto finalizzato alla tutela preventiva dell’ambiente inteso in
senso ampio, il collegio non intende deflettere dagli approdi esegetici cui è
pervenuta la più recente giurisprudenza (internazionale e nazionale), da cui
emerge la natura ampiamente discrezionale delle scelte effettuate, giustificate
alla luce dei valori primari ed assoluti coinvolti (cfr., da ultimo, Cons. St.,
sez. VI, 13 giugno 2011, n. 3561; sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246; sez. V, 12
giugno 2009, n. 3770; Corte giust., 25 luglio 2008, c-142/07; Corte cost., 7
novembre 2007, n. 367, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt.
74, co.1, e 88, co. 2, lett. d), c.p.a.).
E’ stato chiarito che nel rendere il giudizio di valutazione di
impatto ambientale, l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità
che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di
verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione,
ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità
amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi
pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della
decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico
che amministrativo.
Le posizioni soggettive delle persone e degli enti coinvolti
nella procedura sono pacificamente qualificabili in termini di interesse
legittimo ed è altrettanto assodato che le relative controversie non rientrano
nel novero delle tassative ed eccezionali ipotesi di giurisdizione di merito
sancite oggi dall’art. 134 c.p.a. (cfr., sotto l’egida della precedente
normativa, identica in parte qua, Cons. St., ad. plen., 9 gennaio 2002,
n. 1).
Premesso che a seguito della storica decisione di questo
Consiglio (cfr. sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601), è pacifico che il sindacato
giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici dell’amministrazione possa svolgersi
attraverso la verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni compiute da
quest’ultima, sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico
ed a procedimento applicativo, è necessario precisare che il controllo del
giudice amministrativo sulle valutazioni discrezionali deve essere svolto
extrinsecus, nei limiti della rilevabilità ictu oculi dei vizi di
legittimità dedotti, essendo diretto ad accertare il ricorrere di seri indici di
invalidità e non alla sostituzione dell’amministrazione.
Sulla scorta di ricevuti principi (cfr., da ultimo e negli
esatti termini, Cass. civ., sez. un., 17 febbraio 2012, nn. 2312 e 2313; Corte
cost., 3 marzo 2011, n. 175; Cons. St., sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 871), cui
si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, co.1, e 88, co. 2,
lett. d), c.p.a.:
a) la sostituzione, da parte del giudice amministrativo, della
propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità dell’amministrazione
costituisce ipotesi di sconfinamento vietato della giurisdizione di legittimità
nella sfera riservata alla p.a., quand’anche l’eccesso in questione sia compiuto
da una pronuncia il cui contenuto dispositivo si mantenga nell’area
dell’annullamento dell’atto;
b) in base al principio di separazione dei poteri sotteso al
nostro ordinamento costituzionale, solo l’amministrazione è in grado di
apprezzare, in via immediata e diretta, l’interesse pubblico affidato dalla
legge alle sue cure;
c) conseguentemente, il sindacato sulla motivazione delle
valutazioni discrezionali:
I) deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica
della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto acquisiti;
II) non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la
mera non condivisibilità della valutazione stessa;
III) deve tenere distinti i profili meramente accertativi da
quelli valutativi (a più alto tasso di opinabilità) rimessi all’organo
amministrativo, potendo esercitare più penetranti controlli, anche mediante
c.t.u. o verificazione, solo avuto riguardo ai primi.
11.2.8. Facendo applicazione dei suesposti principi alla vicenda
per cui è causa, sulla scorta delle risultanze documentali in atti, il collegio
osserva quanto segue:
a) alla procedura di VIA oggetto del presente giudizio, come
disciplinata dagli artt. 23 ss. del d.lgs. n. 152 del 2006 nel testo ratione
temporis vigente, doveva applicarsi l’art. 10 bis, l. n. 241 del
1990; non si rinvenivano, infatti, nel d.lgs. n. 152 cit., espresse disposizioni
normative ostative a tale adempimento garantistico, né l’inapplicabilità della
norma (recante l’obbligo del preavviso di rigetto), poteva ritenersi
giustificata da una situazione di oggettiva incompatibilità strutturale o
funzionale del procedimento di VIA con gli istituti portanti del procedimento
amministrativo (disciplinati dalla legge n. 241 cit.), che hanno una valenza
generale; sotto tale angolazione, le modifiche introdotte dal correttivo al
codice dell’ambiente (d.lgs. n. 4 del 2008), in parte qua hanno
confermato l’applicabilità del più volte menzionato art. 10 bis (cfr.
l’art. 9, co.1, d.lgs. n. 152 del 2006, nel testo novellato dal decreto n. 4 del
2008, la dove specifica che le modalità di partecipazione previste dal medesimo
decreto soddisfano solo gli adempimenti richiesti dagli artt. 7 – 10 della l. n.
241); conseguentemente, la prima determinazione negativa era priva del carattere
della definitività dovendo valere, nella sostanza, come preavviso di rigetto; in
tal senso è stata correttamente intesa dal capo del Dipartimento Territorio
della regione Lazio che, compulsato dal Consorzio, ha emanato il provvedimento
di sospensione degli effetti; tale atto, come dianzi illustrato, recava nella
sostanza l’ordine agli uffici regionali di prendere in esame le controdeduzioni
istruttorie formulate dal Consorzio successivamente alla comunicazione della
c.d. VIA negativa; si badi che alcune di queste, in realtà, evadevano precedenti
richieste istruttorie sollecitate dai medesimi uffici regionali;
b) in ogni caso, quanto alla presunta atipicità ed abnormità del
provvedimento di sospensione, nonché all’incompetenza dell’organo che lo ha
emesso, il collegio si limita a evidenziare che:
I) tale tesi è in contrasto con la lettera e la ratio
dell’art. 21 quater, l. n. 241 cit. che non distingue fra le varie
tipologie di provvedimenti;
II) la censura di incompetenza, anche sotto il profilo della
omessa acquisizione del parere del responsabile del procedimento, è del tutto
generica non venendo indicate le disposizioni dell’ordinamento regionale che
sarebbero state violate; inoltre, il provvedimento in esame è stato
fisiologicamente e doverosamente emanato dal direttore del Dipartimento,
all’interno del quale si è svolta l’intera procedura, una volta constatata una
carenza procedimentale a carico di organi sottoposti; del pari legittimo è il
secondo provvedimento di sospensione, recante in realtà la concessione di un
ulteriore periodo di tempo agli uffici (che lo avevano richiesto), per istruire
in modo completo e definitivo il procedimento;
c) i ricorrenti non sono legittimati a dolersi della mancata
ripubblicazione del progetto modificato onde consentire a quanti avevano
partecipato alla prima fase della VIA di formulare ulteriori controdeduzioni; in
fatto è assodato che gli odierni ricorrenti non hanno partecipato alla procedura
di VIA; essi, pertanto, non hanno titolo a invocare la violazione delle garanzie
partecipative procedimentali, anche in relazione al provvedimento di sospensione
(argomenti in tal senso si ricavano da Cons. St., sez. V, 4 marzo 2008, n.
2995);
d) in ogni caso, l’entità e la direzione delle modifiche
apportate erano tali da non richiedere una nuova pubblicazione del progetto;
invero, le modificazioni andavano tutte nel senso della mitigazione degli
effetti ambientali e non recavano alterazioni strutturali significative del
manufatto in questione; sul punto soccorrono i principi elaborati dalla
giurisprudenza di questo Consiglio (nella contigua materia dei rapporti fra
approvazione preliminare dei progetti di opera pubblica e procedura di VIA), in
forza dei quali non occorre rinnovare la procedura di VIA ogni qual volta al
progetto originario siano apportate modifiche che risultino più conformi agli
interessi pubblici ovvero che non diano vita ad un’opera strutturalmente diversa
(cfr. Cons. St., sez. VI, 13 giugno 2011, n. 3561; sez. VI, 22 novembre 2066, n.
6831);
e) tutte le censure che contrastano il contenuto del compendio
delle valutazioni discrezionali poste a base del positivo provvedimento
definitivo di VIA sono inammissibili per le ragioni esposte al precedente §
11.2.7.; i ricorrenti, in buona sostanza, attaccano l’opportunità delle scelte,
tecniche e amministrative, rimesse all’autorità preposta alla cura di tutti gli
interessi pubblici e privati coinvolti, sostituendo alle contestate valutazioni,
che non superano mai la soglia dell’abnormità o della manifesta illogicità, le
proprie soluzioni (valoristiche, progettuali, istituzionali, economiche);
f) nella medesima ottica deve essere disattesa la richiesta
istruttoria formulata dalla difesa degli appellati nella comparsa di
costituzione davanti al Consiglio di Stato (pagine 16 – 17), in quanto essa mira
a far ripercorrere al c.t.u. le valutazioni discrezionali rimesse
all’amministrazione in relazione ad una controversia che non rientra, come già
evidenziato, nel novero di quelle tassativamente affidate alla giurisdizione di
merito del giudice amministrativo;
g) le censure sono anche infondate nel merito, atteso che gli
accertamenti tecnici sottesi alla VIA positiva non sono affetti dai lamentati
travisamenti dei presupposti di fatto; in particolare:
I) è smentito per tabulas che la regione abbia evitato di
riprendere in considerazione tutte le criticità sottese alla c.d. VIA
negativa;
II) l’amministrazione ha assodato la notevole riduzione della
potenza della centrale traendone le debite conclusioni in relazione alle diverse
criticità precedentemente riscontrate;
III) relativamente al quadro programmatorio, acclarata la
legittimità dell’approvazione, da parte del Commissario delegato, del progetto e
della relativa localizzazione, da valere in variante agli strumenti
pianificatori, la regione ne ha correttamente preso atto, espressamente
ricusando le altre possibili ubicazioni all’interno del territorio regionale;
sono state, inoltre, positivamente apprezzate le previsioni di assenza in
situ di reperti archeologici; è stata valorizzata la contiguità della
erigenda centrale ad una area con destinazione di zona D (all’interno della
quale è ospitata una discarica); sono state dettate, infine, rigorose
prescrizioni (di cui al n. 17 della VIA positiva), che impongono la sistemazione
a verde dell’area secondo le tecniche di ingegneria naturalistica e la
piantumazione di essenze arboree autoctone ed armoniche rispetto ai luoghi;
IV) sono state puntualmente vagliate le ricadute del progetto
definitivo sulla qualità dell’aria, le polveri sottili, i residui di produzione,
le conseguenze del traffico veicolare;
V) il progetto assentito non impatta più sulle falde acquifere
esistenti, sia per l’utilizzo di un bacino artificiale imbrifero, sia per il
ricorso alla tecnologia di raffreddamento ad aria; sotto tale angolazione, si
collocano sul piano delle mere congetture le osservazioni critiche dei privati
alla insufficienza de futuro delle precipitazioni piovose necessarie per
alimentare il bacino in questione;
VI) le (giustamente) numerose e puntuali prescrizioni cui è
stata subordinata la VIA positiva, non sono affatto generiche e costituiscono,
in parte qua, un razionale sistema di monitoraggio preventivo rispetto
alla messa in opera della centrale, affidato a primarie istituzioni
pubbliche;
VII) gli aspetti tecnologici gestionali dell’impianto non sono
stati minutamente scrutinati, in sede di VIA, perché costituiscono l’oggetto
specifico della procedura di AIA.
11.3. Con il quarto mezzo (pagine 37 – 38), si lamenta il vizio
di ultra petizione in cui sarebbe incorsa l’impugnata sentenza nell’annullare
l’AIA per invalidità derivata riveniente dalla caducazione della VIA
positiva.
11.3.1. La reiezione dei motivi di primo grado avverso la VIA
positiva e di quelli indirizzati contro l’AIA, esime il collegio dall’esame del
mezzo che è divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
11.4. Con l’ultimo mezzo (pagine 38 – 39), infine, il Consorzio
si duole dell’affermazione (contenuta a pagina 25 dell’impugnata sentenza),
secondo cui: <> .
11.4.1. Il mezzo è infondato.
11.4.2. Il T.a.r. ha reso la contestata statuizione onde
dichiarare inammissibili (implicitamente rilevando la carenza di interesse ad
agire sub specie di mancanza del requisito della lesività), le censure
dei privati che si appuntavano sull’approvazione definitiva del progetto
dell’opera pubblica (decreto del Commissario delegato per l’emergenza ambientale
nel territorio della regione Lazio 28 dicembre 2007, n. 147).
Il giudice di primo grado ha espressamente (e correttamente)
riconosciuto che tale approvazione ha valore di dichiarazione di pubblica
utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori, nonché di variante allo
strumento urbanistico comunale ma, al contempo, ha rilevato che il Commissario
delegato aveva subordinato gli effetti concreti dell’approvazione definitiva
(limitatamente alla realizzazione dell’impianto ed alla successiva messa in
esercizio), al rilascio dell’AIA (pagine 24 – 25 della sentenza); in questo
contesto, ed al solo fine di dichiarare inammissibile in parte qua il
primo atto di motivi aggiunti, è stata resa la contestata incidentale
statuizione.
E’ pertanto assodato, sulla scorta dell’esame diretto del
contenuto del provvedimento di approvazione del progetto, che:
a) il decreto commissariale n. 147 del 2007, aveva (ed ha)
valore di dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei
lavori, nonché di variante allo strumento urbanistico del comune di Albano;
b) una volta emanata l’AIA sono venute meno le ragioni ostative
alla concreta realizzazione e successiva messa in esercizio dell’impianto
(ovviamente nel rispetto di tutte le prescrizioni contenute nell’AIA medesima e
di quelle ulteriori dettate dalle altre competenti autorità).
12. Da ultimo deve essere scrutinato l’appello incidentale.
L’unica questione sottesa al gravame in esame (pagine 30 – 31),
si esaurisce nello stabilire la sussistenza o meno della legittimazione a
ricorrere delle due associazioni locali di protezione ambientale.
12.1. L’impugnata sentenza (pagine 18 – 20), ha escluso la
legittimazione al ricorso delle due associazioni non riconosciute, richiamando
consolidati indirizzi giurisprudenziali.
12.2. Gli appellanti incidentali invocano, sotto vari aspetti,
un riesame di tali principi.
12.3. L’appello incidentale è infondato e deve essere
respinto.
12.4. Il Collegio premette che la legittimazione al ricorso, in
quanto condizione dell’azione, deve essere accertata con rigore (cfr. Cons. St.,
ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4).
Come esaustivamente argomentato dall’impugnata sentenza è
configurabile la legittimazione ad agire in capo alle associazioni ambientaliste
non riconosciute purchè operino solo all’interno di un ambito territoriale
circoscritto (cfr. da ultimo Cons. St., sez. VI, 23 maggio 2011, n. 3107; sez.
VI, 13 settembre 2010, n. 6554).
L’orientamento in esame riconosce la legittimazione alle
suindicate associazioni ambientaliste purché soddisfino, simultaneamente, i
seguenti ulteriori criteri:
a) perseguire la tutela ambientale in modo non occasionale e per
espressa previsione dello statuto;
b) godere di un adeguato grado di rappresentatività e stabilità
nell’area ricollegabile alla zona in cui si trova il bene ambientale che si
presume leso.
Nella specie, come correttamente accertato dall’impugnata
sentenza (e non utilmente contrastato dagli appellanti), non si rinvengono i
requisiti della stabilità e della adeguata rappresentatività.
13. In conclusione l’appello principale deve essere accolto
mentre quello incidentale deve essere respinto; conseguentemente, in riforma
parziale dell’impugnata sentenza, devono essere respinti il ricorso principale e
i due atti di motivi aggiunti, fermo restando l’accoglimento dell’impugnativa
dell’ordinanza del Presidente della regione Lazio n. 3 del 22 ottobre 2008.
14. Nella particolare complessità delle questioni giuridiche
trattate, il collegio ravvisa eccezionali ragioni, a mente del combinato
disposto degli artt. 26, co. 1, c.p.a. e 92, co. 2, c.p.c., per compensare
integralmente fra le parti le spese di ambedue i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),
definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto:
a) accoglie l’appello principale;
b) respinge l’appello incidentale;
c) in parziale riforma dell’impugnata sentenza, respinge
integralmente il ricorso di primo grado n.r.g. 132/2009, ed i connessi due atti
di motivi aggiunti, ad eccezione dell’impugnativa dell’ordinanza del Presidente
della regione Lazio n. 3 del 22 ottobre 2008;
d) dichiara integralmente compensate fra tutte le parti
costituite le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28
febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Vito Poli, Consigliere, Estensore
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
.
Commenti
Posta un commento